BELLINZONA – Lo sciopero delle donne si avvicina. Ma quante aderiranno? Che cosa chiedono, in particolare, ovvero qual è il tema a cui sono più sensibili? Lo abbiamo chiesto attraverso i social network alle nostre lettrici.
Numerose le risposte: non tutte parteciperanno, anzi. “In primis non ci vado perché di fatto stanno facendo disinformazione in quanto è una manifestazione e non uno sciopero come inteso dalla costituzione”, ci ha scritto qualcuno. “Oltre a questo se leggi diverse prese di posizione è una giornata di stampo partitico "compagni" e simili. E infine perché non vogliono gli uomini a manifestare. Quindi manifestano contro la discriminazione discriminando a loro volta, lo trovo assurdo. Dunque venerdi farò come qualunque giorno della mia vita, trattando colleghi, dipendenti o superiori in base al rispetto che meritano e non a che tipo di gingilli hanno nelle mutande”.
“Questa è una manifestazione. Uno sciopero non si fa chiedendo permessi... e comunque qui se non erro gli scioperi non sono legali quindi chiamate questa cosa con il suo nome”, dà man forte qualcun’altra.
Alcune utenti vanno contro corrente sul femminismo. “Io mi ritengo femminista ma sono parziale verso questo sciopero che proprio sciopero non è, visto che bisogna prendere un giorno di ferie per partecipare...! Inoltre io vorrei che il femminismo fosse intersezionale e coinvolgesse davvero tutte, e questo sciopero di fatto non comprende varie categorie di persone. Parlo principalmente delle donne che appartengono a minoranze etniche o religiose, persone lgbt+ (quindi anche le donne trans, troppo spesso dimenticate) ecc. Questo sciopero è rivolto solo ad una categoria: donne autoctone che lavorano, preferibilmente madri. Non va bene. I diritti partono dal basso, da chi di diritti ne ha meno delle altre; la categoria che ho citato gode già di parecchi diritti - attenzione non sto dicendo che non subiscano ingiustizie anche loro, ci mancherebbe, ma come ho detto il femminismo e quindi la protesta deve portare un cambiamento sociale a livello intersezionale e non parziale. È piuttosto ipocrita andare a leggere un manifesto di Chimamanda Ngozi Adichie, una donna cresciuta nella discriminazione non solo perché donna ma anche perché afroamericana. Non possiamo appropriarci delle sue parole perché la nostra esperienza non sarà mai, mai come la sua”, abbiamo ricevuto fra i pareri.
O ancora: “Sarò una donna strana, ma sono tutt'altro che femminista.A parte che non mi sento affatto discriminata in nessun modo e non ho nulla da rivendicare; io lavoro e mio marito fa il casalingo e si occupa di qualsiasi faccenda, dalla spesa al bucato alle pulizie e sinceramente preferirei che lavorassimo entrambi o eventualmente che lavorasse lui e io occuparmi del resto. Ma in ogni caso in linea generale credo che uomini e donne sono diversi ed è naturale abbiano ruoli e compiti diversi”.
Altre sono convinte che comunque andarci non servirebbe, che lo sciopero non cambierà nulla. “È una pagliacciata”, attacca qualcuna.
E c’è ovviamente chi invece parteciperà ed è anche decisa. “Voglio rivendicare pari diritti, pari stipendi, pari trattamenti. Sperare che quando torni dalla maternità non ti umilino facendoti rifare la gavetta, che quando divorzi il tuo avvocato difenda i tuoi diritti, che non si avventino su di te perché sei una donna e mamma sola e ti tocca tenere duro per difendere quel poco che hai ottenuto. Che se esci di casa nuda è perché ti piace non perché ti vuoi fare violentare. Che tutti i deboli, uomini, donne, bambini migranti vengano accolti e rispettati. Che la violenza psicologica sia condannabile tanto quanto quella fisica, che finisca il predominio maschile che ha creato una società ingiusta e cominci la collaborazione fra i generi. Questo sciopero non è per le donne, avviene attraverso le donne che vogliono un mondo giusto per tutti. Non stiamo più parlando della f--a è mia e me la gestisco io. Si parla d’amore, rispetto, fiducia e uguali diritti per tutti”, precisa una lettrice, che aggiunge: “penso che la donna sia ancora considerata una nullità. Io, tu e mille migliaia di altre. Che tu o io e un paio di altre abbiamo il meglio, non vuol dire uguaglianza di genere, è solo altra distanza, distanza sociale e di genere. Ci sono mamme migranti senza speranza, ci sono donne che lavorano fino a notte ai distributori e hanno figli piccoli a casa, ci sono donne che il lavoro non ce l’hanno e non sanno come cucinare un pranzo ai figli. E stipendi decenti significa che una mamma sola può farcela da sola. Se la struttura sociale esalta la nostra atavica dipendenza, la colpa è solo nostra”.
Qualcuno vorrebbe andarci, ma è costretta a farlo solo dopo il lavoro. “Vado a Bellinzona alle 17, perché il mio datore di lavoro mi lascia libera di andarci dalle 15. Vado non per me, ma per quelle donne che hanno effettivamente bisogno di solidarietà. E per segnalare che neppure qui il maschilismo è del tutto morto e sepolto”.
“Allo sciopero parteciperò perché rivendico la mia libertà in quanto donna. Libera di scegliere il lavoro dei miei sogni. Libera di scegliere se condividere la mia vita con una persona indipendentemente dal sesso senza essere costretta a legami pseudomatrimoniali per avere più diritti. Libera di avere figli, adottando o con la procreazione assistita, da single, da sposata o in unione domestica registrata. Rivendico lo stesso salario degli uomini a pari mansioni.”, scrive un’altra donna.