BELLINZONA – A processo per aver cercato di mutilare gli organi genitali della figlia, secondo la pratica dell’infibulazione, che in alcuni Paesi purtroppo è la regola (il 98% delle donne in Somalia, per esempio) e che sta aumentando anche in Svizzera, con l’arrivo di migranti di alcune nazioni.
La donna ci ha provato nel 2017 a Bellinzona, senza riuscirvi ed ora dovrà rispondere di lesioni, vie di fatto, violazione del dovere d’assistenza e tentata mutilazione. Un caso che sicuramente fa discutere, perché in Svizzera c’è stata una sola condanna per una mutilazione avvenuta però all’estero.
"Non è una pratica che viene denunciata a cuor leggero. Parecchie donne pensano che sia normale, poiché nelle loro famiglie si è sempre fatto così. Fino agli Anni 80 non era considerata una mutilazione, bensì un semplice atto rituale che segnava il passaggio all’età adulta", ha – spiegato al Caffè Monica Marcionetti, responsabile dell’antenna Mayday. “Sono violenze sessuali che provocano gravi danni a livello fisico ma anche psicologico. Le donne devono sapere che no, non è assolutamente normale farsi mutilare gli organi genitali".