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Cronaca
13.01.20 - 17:310
Aggiornamento: 21.01.22 - 14:40

Mikle aveva solo cinque mesi. Era stato vaccinato!

Per il veterinario cantonale ginevrino la sua era un'importazione non conforme da un paese a rischio di rabbia, ma dei documenti attestano la vaccinazione e il referto degli esami sierologici. Ecco cosa dice la lettera di chi ha deciso di sopprimerlo

GINEVRA – Mikle aveva non 10 mesi come si pensava in un primo momento, ma addirittura solo 5. Un cucciolo, proprio. Era un Berger croisé. La sua vita è finita con l’eutanasia ordinata dal veterinario cantonale di Ginevra, nonostante la competenza fosse del veterinario di confine e la bestiola risultasse essere stata vaccinata, come attesta la foto che vi riportiamo.

L’associazione AnimaLife ha ricevuto una lettera con le motivazioni della decisione del veterinario cantonale ginevrino. Mikle “è stato visitato per la registrazione ad AMICUS il 17 dicembre 2019. Il veterinario incaricato ha rifiutato la registrazione a causa di “un’importazione non conforme dall'Ucraina, paese a rischio di rabbia”. "Contrariamente a quanto dichiarato", inoltre, ha “morfologicamente meno di sette mesi”. È stato quindi disposto un “sequestro provvisorio dell’animale, ordinato dal servizio (ndr Veterinario Cantonale di Ginevra) in data 18 dicembre 2019 a causa del rischio sanitario esposto”, si legge.

In data 20 dicembre sono stati trasmessi tutti i documenti relativi al cane, ovvero: “un passaporto con una data di nascita del 20 maggio 2019 e una vaccinazione antirabbica effettuata il 2 settembre dello stesso anno, un referto con i risultati degli esami sierologici del 17 ottobre effettuati dal “National Veterinary Research Institut”, un laboratorio ufficiali sito in Polonia, la copia di un certificato sanitario per i trasporti non commerciali a destinazione di uno Stato membro del territorio o di un Paese terzo, di cani, gatti o furetti, emesso dall’Ucraina in data 5 dicembre 2019”
Si passa poi all’8 gennaio quando la volontaria che si è occupata del suo caso è stata chiamata a un colloquio nel quale ha dichiarato di “essere entrata in contatto con l’associazione svizzera di protezione degli animali per l’Ucraina ASUKPA; di non aver importato lei stessa il cane, ma due volontari dell’associazione stessa; di aver registrato il cane in Francia a causa del rifiuto del veterinario svizzero”.
Ma l’ufficio del veterinario cantonale di Ginevra dice di non aver "mai ricevuto il codice di verifica per gli esami sierologici effettuati in Polonia" e successivamente, "dopo aver contattato il Laboratorio, di aver ricevuto una risposta nella quale negano di aver mai fatto il test". Specifica che per ogni decisione devono tener conto del “rischio sanitario presentato da questo cane, tenuto conto dei documenti falsi presentati, e il fatto che proviene da un paese a rischio rabbia”, del fatto che sulla pagina Facebook dell’associazione sono appunto presenti i numeri della volontaria, degli articoli 8, 11 e 15 dell’ordinanza concernente l’importazione, il transito e l’esportazione di animali da compagnia del 28 novembre 2014 (...). Di conseguenza, dice che “un canide che proviene da un Paese a rischio rabbia non può essere importato in Svizzera prima dei 7 mesi; secondoglii articoli 1, comma 2, 3, 4, 5, 84 e 107 comma 3, 108 comma 1 lettera b, 109 comma 1 dell’ordinanza concernente l’importazione, il transito e l’esportazione di animali e prodotti animali nel traffico con Paesi terzi del 18 novembre 2015, gli articoli 1 comma 1 lettera a, 1° e 10 della legge sulle epizoozie del 1 luglio 1966, gli articoli 1, 3 lettera c, 67, 142 a 149, e in particolare l’articolo 144 comma 2 lettera a dell’ordinanza sulle epizoozie del 27 giugno 1995, gli articoli 65 comma 1 lettera h e 97 del regolamento “RemSanté” del Canton Ginevra del 22 agosto 2006 (K 1 03.04) e l’ articolo 4 comma 6 della legge sulla gestione amministrativa e finanziaria dello Stato del 4 ottobre 2013”.

Da qui la decisione di uccidere Mikle. Anche in caso di ricorso, esso non avrebbe avuto nessun effetto sospensivo in ragione del rischio potenziale di zoonosi”. E tutto ciò nonostante i documenti esistenti e il fatto che la bestiola poteva tornare in Ucraina.

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