BELLINZONA - Oltre 100 condanne all'anno per atti di violenza per ragazzi sotto i 18 anni, con un aumento del grado di violenza nel corso di risse e raid punitivi. Sono i dati che emergono da una inchiesta de La Domenica, dove viene precisato come probabilmente non siano aumentati di numero i casi ma sia cresciuta la loro risonanza. E, appunto, la violenza.
Dal pestaggio di Locarno, che per certi versi ha ricordato il tragico episodio della morte di Damiano Tamagni, alla rissa alla Foce: le notizie di cronaca sono parecchie. Ma è difficile capire se si tratti di gang, ovvero gruppi strutturati, o di persone che si riuniscono quasi casualmente. Diversi i fattori, secondo la criminologa Jessica Ochs, che li spingono a radunarsi: difficoltà sociali, povertà materiali e culturali, mancanza di punti di riferimento solidi e regole familiari deboli, con rapporti assenti con gli adulti, ricerca di risoluzione di problemi di identità, di riconoscimento, di accettazione, di integrazione, oltre che noia, scarsa comunicazione e attaccamento morboso ai social. Non mancano sfiducia e ostilità verso il sistema.
A aumentare è secondo Luca Bertossa, responsabile scientifico delle Inchieste federali fra la gioventù ch-x, la violenza che si vede nel corso delle risse. "Una volta finivano quando una delle persone coinvolte era a terra, oggi purtroppo non è più così. Si continua senza nessuna coscienza dei limiti. Questo comportamento va probabilmente messo in relazione, fra le altre cose, ad una distorta percezione di quale danno fisico si possa arrecare all’altra persona".
"La devianza penale minorile è un fenomeno prevalentemente passeggero e pertanto la reazione istituzionale più vantaggiosa è quella fondata sul principio di sussidiarietà e mitezza", è convinto l’ispettore Simone Caimi, responsabile del Gruppo minori della Polizia cantonale.