LOCARNO - Scene di violenza che avevano sconvolto il Ticino, purtroppo non per la prima volta. Il pestaggio alla Rotonda di Locarno, con vittima un richiedente l'asilo dello Sri Lanka, in realtà sarebbe nato per una esigenza di difesa: è quello che sostiene l'avvocato di uno dei cinque imputati.
I fatti erano stati filmati col cellulare. Il 26enne dello Sri Lanka brandiva un coltello, a un certo punto è stato aggredito da un branco di persone, che lo hanno colpito con pugni e sassi, anche mentre era a terra (leggi qui). Nei giorni successivi erano arrivati cinque arresti (leggi qui e leggi qui), ma le dinamiche e soprattutto i moventi di quanto successo non sono ancora del tutto chiari. La vittima infatti non è più stata rintracciata: è stata medicata alla Santa Chiara, poi non si ha più dato traccia di sè. Sarebbe sparito anche il coltello, forse finito in un cassonetto dei rifiuti (leggi qui).
Gli imputati parlano di una legittima difesa. Il 26enne sarebbe intervenuto a difesa di un amico ubriaco, il quale a sua volta avrebbe provocato il gruppo. "Il 26.enne era particolarmente aggressivo, brandiva un coltello con una grossa lama e aveva intenzione di colpire il gruppo, che in precedenza stava tranquillamente passando una serata tra amici in Piazza Castello. Non c’era alternativa: o qualcuno si beccava una coltellata o si cercava di disinnescare la furia dell’aggressore", ha spiegato al Corriere del Ticino Niccolò Salvioni, legale di uno dei giovani in carcere, invitando a ascoltare anche le voci del video.
Il richiedente l'asilo anche in precedenza avrebbe cercato di aggredire il gruppo col coltello, scatenando un istinto di sopravvivenza. "Non è stata una barbara aggressione di tanti contro un disarmato, bensì legittima difesa nei confronti di una persona armata che stava minacciandoli. Una difesa magari eccessiva, lo determinerà l’inchiesta, ma con un unico obiettivo: quello di evitare che l’incomprensibile assalto all’arma bianca da parte del 26.enne si trasformasse in tragedia", ha proseguito Salvioni.
A suo dire, la chiave sono appunto le voci del video, che è stato diffuso senza audio e è risultato di forte impatto per la violenza di quanto mostra. Ma ascoltarlo anche che cosa dicevano chi ha filmato e chi gli era a fianco è senza dubbio utile, sostiene Salvioni, per ricostruire il contesto e la conseguente necessità da parte degli imputati di difendersi.