BELLINZONA – Mezz’ora in più, ovvero chiusura alle 19 in settimane e alle 18.30 il sabato. Se ne parla da anni, alla fine quando il popolo ha detto sì la nuova legge, nel 2016, si è legata l’entrata in vigore al nuovo CCL della vendita. Ora è stato firmato.
Ed è battaglia. I sindacati OCST e Unia sono su fronti opposti, per qualcuno comunque mezz’ora in più non cambia niente.
Di questa idea è Gianni Righinetti, che lo ha esposto in un’opinione sul Corriere del Ticino di ieri. “Ma cosa cambierà con la nuova legge? Poco, pochissimo, nella peggiore delle ipotesi nulla perché quel ritocco dalle 18.30 alle 19 dà un po’ più di respiro per gli acquisti, ma nulla più. Inutile farsi grosse illusioni e sperare in grandi passi avanti. Certo occorre essere realisti, in Ticino non era immaginabile ottenere di più, guai a parlare di liberalizzazione degli orari anche alla luce del verdetto popolare del 1999, quando il 53% dei ticinesi respinse un disegno di legge che prevedeva l’apertura settimanale fino alle 19 e il sabato fino alle 18. La grande novità c’era: la liberalizzazione completa per i negozi a conduzione familiare (24 ore su 24, domeniche comprese). In quegli anni si parlava dell’espansione della grande distribuzione e della spesa facile (e conveniente) in Italia anche per effetto degli orari d’apertura. C’era un’opportunità da cogliere, qualcosa da provare per smuovere le acque.In queste giornate prenatalizie siamo tutti molto presi dagli ultimi acquisti, la corsa dell’ultimo minuto, un’occhiata alla vetrina tutta lucine e addobbi natalizi. Eccezionalmente abbiamo le aperture dilatate anche nei giorni festivi, all’insegna di quel regime della deroga che dagli anni Settanta disciplina un settore che richiedeva ben altri interventi in Ticino. Se pensiamo che negli Stati Uniti i commerci con apertura «h24» sono realtà da vent’anni, ci rendiamo conto che quell’eccesso non è certo della stessa misura alle nostre latitudini. Ma nello stesso tempo ci dobbiamo rendere conto che a livello di commerci stiamo perennemente parlando di occasioni perse. Oggi è letteralmente assurdo dividersi e litigare per anni su mezz’ora d’apertura in più”, si legge. “Mentre il piccolo Ticino si lacera per così poco, a livello planetario vola il commercio online che ci coinvolge tutti. Ma in fondo, che fretta c’è? Se abbiamo impiegato cinquant’anni per ottenere un aggiustamento di piccolissima portata, quanto ci vorrà per renderci conto che il problema è altrove ed è molto più grande? Non ci salveremo di certo restando aggrappati al provincialismo degli orari d’apertura per gli acquisti”.
Righinetti parlava anche di un possibile ricorso da parte di Unia se non verranno mostrati i commerci che hanno firmato il CCL, non convinta che sia stato superato il quorum del 50% più uno. E il sindacato in una lunga nota esprime i suoi dubbi. “Da una settimana oramai il sindacato UNIA ha chiesto accesso all’intero incarto relativo al CCL del Commercio al dettaglio, pubblicato venerdì scorso sul foglio ufficiale del cantone. In questo lasso di tempo, abbiamo ricevuto soltanto una risposta interlocutoria, ma nulla di definitivo sul fondo. Nonostante le molteplici richieste, indirizzate sia ai firmatari del contratto, che al cantone, in ben tre distinte procedure ufficiali, ancora oggi non c’è risposta alla domanda principale, fondamentale per capire se il CCL potrà entrare in vigore, e conseguentemente anche la nuova legge sugli orari dei negozi ... Perché in Ticino sono stati contabilizzati soltanto 979 “datori di lavoro” nel ramo del commercio al dettaglio, quando tutte le altre statistiche disponibili presentano cifre molto superiori?”, inizia.
“Continuiamo a leggere di una legge che prolungherà gli orari di apertura di “una mezz’oretta”, quando invece i negozi delle località turistiche e di confine potranno aprire 7 giorni su 7, festivi compresi, fino alle 22.30. La domanda è la seguente: quali località in Ticino non sono oggi e/o non saranno domani considerate né di confine, né turistiche?”, si domanda Unia.
E poi: “Seconda controverità: il CCL prevedrebbe dei salari minimi orari di 19 Fr. l’ora, ai quali si andrebbe poi ad aggiungere la tredicesima mensilità, anch’essa garantita dal contratto. Anche un bambino delle scuole elementari riuscirebbe a calcolare che un salario mensile di 3'200 Fr. diviso per le 42 ore di lavoro settimanali previste (182 ore mensili) significa un salario orario lordo di 17.58 Fr.! Che diventano 19.- soltanto se la tredicesima è calcolata d’entrata nel salario orario, contrariamente a quanto in uso in tutti gli altri rami professionali. Cosa succederà quando un lavoratore che percepirà i 19.- Fr. all’ora di salario chiederà il versamento della 13a? Cherchez l’erreur …”.
Qualcuno nasconde qualcosa, secondo il sindacato.