BERNA - Tanti giovani iniziano un apprendistato ma poi non lo portano a termine. Secondo Fill-Up, una realtà privata in Svizzera a offrire un servizio di sostegno diretto all'apprendistato, agendo, "sulle aziende aiutandole a strutturare la formazione e dando ai
formatori gli strumenti necessari per assicurare le competenze specifiche per comprendere i giovani e sugli apprendisti per accompagnarli nel percorso formativo sviluppando un atteggiamento professionale e offrendo loro un punto di riferimento autorevole e stabile", in Ticino è addirittura uno su tre a lasciare prima del termine della formazione.
"Il sistema di formazione svizzero è riconosciuto e apprezzato in tutto il mondo per la sua permeabilità e per la sua capacità di offrire pari opportunità formative indipendentemente dall’entrata; scuola di cultura generale o formazione professionale. Un fiore all’occhiello che assicura al mercato del lavoro personale altamente specializzato e capace di rispondere alle necessità di un’economia svizzera che è tra le più competitive al mondo", si legge in una nota. Ma non è, appunto, tutto oro quel che luccica, anzi: il 36% dei giovani lascia volontariamente durante il periodo di apprendistato.
I motivi? "Le priorità aziendali degli ultimi anni sono state rivolte principalmente a problematiche urgenti come la gestione della pandemia, l’approvvigionamento del materiale e le difficoltà dell’esportazione, trascurando quelle legate al personale e alla formazione", spega Fill-Up. E "oggi, purtroppo, ci troviamo davanti a una preoccupante realtà: boom di dimissioni volontarie, carenza di personale qualificato e difficoltà sempre più crescente nel reclutare e formare giovani apprendisti; fonte basilare per immettere nuovi professionisti nel mercato del lavoro".
La colpa non sarebbe da ricercare nella pandemia e nella guerra, bensì "nella incapacità di comprendersi tra l'azienda e il giovane in formazione. Le aziende non hanno le risorse necessarie, sia in termini di tempo che di competenze, per accompagnare i giovani nativi della generazione Z; esatto accompagnare e non formare, perché è qui che si fa la differenza. L'approccio tradizionale - per intenderci "a me hanno insegnato così ed è funzionato e quindi deve funzionare anche con te" - non porta al successo ma va a
demotivare ulteriormente una generazione che ha bisogno di persone di riferimento che credono in loro e che gli diano la possibilità di sperimentare". Ma le aziende non hanno tempo e risorse da dedicare alla formazione dei giovani, i quali a loro volta "non hanno le basi necessarie per poter affrontare un percorso formativo che non è per nulla scontato".
Fill-Up da agosto segue diversi giovani, e sostiene che i risultati stiano già arrivando. "Si sentono maggiormente valorizzati", spiega la co-founder Sara Rossi. "Anche nelle aziende notiamo un interesse e un coinvolgimento maggiore da parte dei formatori che si interfacciamo regolarmente con noi sia nei momenti di difficoltà nella gestione degli apprendisti ma anche per avere indicazioni su come approcciarsi alla formazione e a agli
apprendisti". Non basta, però: da gennaio "i servizi di fill-up si indirizzeranno anche direttamente verso i giovani e le loro famiglie. Negli ultimi mesi è emerso sempre di più un bisogno di accompagnamento individuale che possa aiutare il giovane nello sviluppare la capacità di pianificare correttamente e gestire in modo efficace la formazione e che lo guidi nella creazione dell’atteggiamento giusto per plasmare una personalità solida e pronta per affrontare le sfide professionali future. Il servizio comprende un sostegno individuale nella ricerca di un posto di apprendistato, nel rafforzamento dei punti di forza, nel mantenimento della motivazione e nello sviluppo del proprio potenziale. Un punto di riferimento sia per i giovani che per le famiglie".
Con l'augurio che il trend di abbandoni si possa invertire.