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14.01.18 - 11:390
Aggiornamento: 19.06.18 - 15:43

Pelli e il canone, "se dico no è no, tengo alla qualità di chi lavora a Comano, a Melide e a Locarno... Non usate a piacimento ciò che è chiaro". GASsocial attacca "il piano a" di TeleTicino

Qualche giorno fa in un'intervista aveva detto che l'emittente che dirige potrebbe sopravvivere anche senza canone. Il portale ha parlato di "stipendi uguali a quelli di una commessa dell'Aldi e 30% di speaker frontalieri". Lui non ne può più di chi vuole fargli dire sì, "questo periodo sembra non finire"

MELIDE – Matteo Pelli, direttore di TeleTicino e Radio3iii, in un’intervista qualche giorno fa si era schierato, ancora una volta, nettamente contro NoBillag.

“Perché votare no? Dal punto di vista romantico accendi la tv e sul tuo telecomando non c’è più l’aria di casa, quella con cui sei cresciuto, con cui hai litigato o passato momenti unici. Quella che ti permette di sorridere per un servizio sulla mucca dispersa in Calanca o indignarti per un documentario d’inchiesta, esultare per un gol al novantesimo. Dal punto di vista più terreno basta pensare agli impieghi, alla gente che lavora, al reinserimento in un mondo lavorativo già molto complicato e insidioso. Non si vota sì o no alla RSI, non si vota per o contro un conduttore che ci sta simpatico o antipatico, qui c’è di mezzo molto, molto di più, e non basta essere arrabbiati per polverizzare una storia che (volenti o nolenti) fa parte della nostra splendida tradizione”, aveva detto, accalorandosi.

E, come sempre quando ci si esprime sul tema che ormai sta catalizzando le attenzioni di tutti, si è scatenato un putiferio. Pelli è convinto che la RSI difficilmente sopravviverebbe, mentre la sua TeleTicino potrebbe provarci, pur con difficoltà. Il portale GASsocial lo ha attaccato, “Teleticino non versa in buona condizioni. Prova ne è che nell’ultimo anno si è assistito a un vero e proprio fuggi fuggi dall’azienda. Quasi dieci dipendenti, su circa una sessantina (più del 10%) nell’ultimo anno hanno lasciato. Certi per nuovi lidi, altri invece senza neppure avere uno straccio di contratto. I ben informati parlano di condizioni lavorative, carichi di lavoro e salari al limite del precario”. Proseguendo: “Nel settore mediatico privato non esiste un contratto collettivo di lavoro, del gruppo a soffrire è soprattutto Radio3i, dove c’è chi parla di salari per gente formata che lavora al 100% di 4’000 franchi al mese, più o meno quello che prende un commessa dell’Aldi. Non male poi per una radio ticinese avere più del 30% di frontalieri su una quindicina di speaker. Ma poi, con la fantomatica razionalizzazione dell’azienda di cui si parla se dovesse passare “No Billag”, quante altre assunzioni ci sarebbero da oltre frontiera? È questa la radio dei ticinesi di cui parla il direttore?”.

Pelli questa mattina ha postato su Facebook, stufo delle polemiche. “Non sembra finire più questo periodo e ognuno “usa a suo piacimento” quello che è piuttosto chiaro. Signore e signori io sono per il NO all’abolizione della Billag (si scrive no e si legge no). Non so se sono deluso o semplicemente amareggiato, non so se le strumentalizzazioni e i vari attacchi che leggo sui blog (e dintorni) fanno davvero parte di quel cantone che adoro, o se semplicemente “diventando grandi” è normale che questo accada. Ho passato anni magnifici (!!) a Comano, rispetto profondamente e guardo la RSI, me ne sono andato perché nella vita si possono avere più esperienze professionali e ora dirigo un gruppo splendido. Gruppo che grazie ad una parte di canone può permettersi di lavorare serenamente (tirando la cinghia di tanto in tanto). Ma se dico No è inutile cercare di leggere SI perché forse magari chissà boh ma lui sai poi eh già bla bla bla ... NO è NO, tengo agli impieghi e alla qualità di chi lavora da noi (radio3i e Teleticino) ma anche a Locarno (RFT) e Comano , molti fuoriclasse e tantissima gente che rispetto, e intendo dare filo da torcere alla “concorrenza” ancora per qualche anno. Ci tenevo anche a dirvi che rispetto tutte le posizioni, il NO il SI il Forse il “ma io nemmeno vado a votare”.

Insomma, il tema lo sta stufando (ma di tempo prima della votazione ce n’è ancora molto… e se ne parlerà ancora tanto), e atatcca chi vuole vedere dietro le sue parole qualcosa che per lui non c’è. Vuole votare no, per sé e per i colleghi delle altre testate, da battere “sul campo”.
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