BERNA – Un Consigliere Federale, due nazioni? L’UDC non ci sta, e i motivi sono parecchi: “Il ruolo del CF è intimamente legato alla sovranità nazionale, è inconciliabile con i doveri di fedeltà integrati nelle Costituzioni di diversi Paesi, la doppia nazionalità offre dei privilegi di cittadinanza che non sono accordati ai 4,4 milioni di cittadini svizzeri con il solo passaporto rossocrociato, il CF con due cittadinanze può votare e essere eletto in due Paesi diversi, anche il solo sospetto di un conflitto di interessi o di opportunità quando si tratta di questa carica deve essere evitato”.
Un tema, quello dei doppi passaporti di membri dell’Esecutivo, diventato d’attualità quando Cassis e Maudet, candidati, avevano entrambi due passaporti: Cassis vi rinunciò, Maudet no. Chiesa ha lanciato un’iniziativa parlamentare volta a far sì che chi sieda nei sette a Berna sia solo svizzero.
“È evidente a tutti che il ruolo di Consigliere federale, membro dell’Esecutivo svizzero al quale compete a rotazione anche la carica di Presidente della Confederazione, sia intimamente legato alla sovranità del nostro Paese”, ribadisce Chiesa. “Dagli anni ’90 in poi, con cambio legislativo, la percentuale di svizzeri con doppia cittadinanza è passata dal 10% delle classi d’età più avanzate al 25% tra i più giovani. Il quesito qui posto non è dunque un mero quesito di forma ma anche di sostanza, che si ripresenterà a cadenza regolare anche nel prossimo futuro”.
Quindi, se vuoi essere eletto, devi avere solo il passaporto rossocrociato. Chiesa si interroga su cosa significhi avere due nazioni. “A livello formale niente di più e niente di meno che l’assunzione di diritti e di doveri nei confronti di uno o più Paesi” e enuncia due esempi, parlando di Italia e Francia. Ma a livello di cuore? “Nel caso specifico in un Consigliere federale binazionale che d’altronde il cittadino svizzero non ha votato se non per il tramite dell’Assemblea federale. I cittadini dunque non devono avere il minimo dubbio, fosse anche solo a livello di immagine verso l’esterno, quali interessi l’eletto salvaguarderà e promuoverà, se necessario anche con fermezza e con durezza. La cronaca politica degli ultimi anni ha offerto numerosissimi esempi di conflittualità di interessi tra la Svizzera e altri Stati. Gli esempi tra l’Italia e la Svizzera si sprecano. La retorica dell’amicizia fra i Paesi va bene in certe occasioni pubbliche; fa parte del gioco. Ma sappiamo bene che è, appunto, retorica. La sostanza politica è un’altra cosa. Il Consigliere federale deve dunque essere come la moglie di Cesare quindi non solo essere ma anche apparire al di sopra di ogni sospetto”, prosegue, mettendo il focus, appunto, sui Ministri.
Non vanno scordati i privilegi del doppio passaporto: “Al di là di questi aspetti è utile ricordare che un Consigliere federale non è il manager di una grande azienda multinazionale con sede in Svizzera. Il suo compito attiene alla sovranità nazionale, agli interessi più delicati del nostro Paese. A lui è dunque anche chiesto di condividere la sorte di quei 4, 4 milioni di cittadini svizzeri che non sommano doppi diritti grazie a doppie nazionalità. La cittadinanza concede infatti generalmente il diritto di voto, di essere eletti, come ben sapete, ma anche di beneficiare dei servizi dello Stato che mette a disposizione dei propri cittadini, di essere nominati a cariche riservate a cittadini di quello Stato, a partecipare a concorsi riservati a cittadini di quel Paese, ad aver i diritti dei cittadini comunitari in caso di passaporto europeo. Inoltre il diritto alla tutela diplomatica, a firmare referendum, il diritto di circolazione e soggiorno senza visto, il diritto a pagare tasse meno care rispetto a uno straniero e acquistare terreni e case senza limitazioni. In concreto, nel caso di un conflitto tra il nostro Paese e l’Unione europea, un Consigliere federale svizzero ed europeo non dovrebbe sopportare le ritorsioni che dovrebbe sopportare lo svizzero con la sola cittadinanza del nostro Paese”.
Chiesa infine si è posto la questione morale. “Mi sono posto la domanda se rinunciando alla seconda cittadinanza un CF sarebbe migliore e garantirebbe migliori decisioni? Rispondo di no, ma sarebbe un CF che ha dimostrato di saper fare una scelta di campo. I CF non sono dei robot e conoscono certamente la difficoltà di essere chiamati ad essere fedeli alla Costituzione di due Paesi. Noi non possiamo eleggere chi deve servire due padroni, pena il paragone all’irriverente arlecchino. Se questa bigamia poi tocca il capo del dipartimento degli affari esteri e a quello dell’esercito, l’inopportunità appare il tutta la sua evidenza”.
Dunque, non ci sono dubbi: “ritengo che l’esercizio del potere al più alto livello del Paese richieda quell’esclusività che due cittadinanze non permettono. Per questi motivi vi invito a sostenere questa iniziativa che porta chiarezza per il futuro, sbarazza il campo dai privilegi e dai doveri che nascono dalla doppia nazionalità di un Consigliere federale, e rafforzano, anche ad occhi esterni da Palazzo, il legame di fedeltà alla nostra Patria”.