BERNA – Ottimo che la Commissione degli Affari Giuridici degli Stati abbia dato il via libera al riconoscimento del licenziamento abusivo, ma esso è farina del nostro sacco e non c’entra con Prima i Nostri. In sostanza, il Movimento per Socialismo rivendica la paternità di quanto approvato oggi a Berna.
“Come si ricorderà, l’iniziativa cantonale venne proposta dall’MPS e accolta dal Parlamento Cantonale”, ricorda il Movimento in una nota. “Contrariamente a quanto affermato da alcuni organi di stampa, l’iniziativa non si inserisce nel contesto delle proposte di “Prima i nostri”, ma nell’ambito di proposte che vogliono rafforzare i diritti dei lavoratori sui luoghi di lavoro. Infatti si propone di modificare il codice delle obbligazioni rendendo abusivo un licenziamento effettuato con l’obbiettivo di sostituire un lavoratore o una lavoratrice con un altro/a pagato meno o con un rapporto contrattuale meno oneroso per il datore di lavoro”.
Non si parla solo di licenziamenti di residenti per assumere frontalieri, specifica. “Oggi questo si verifica sempre più spesso e non necessariamente coinvolge lavoratori frontalieri; basti pensare ai lavoratori e alle lavoratrici ultra cinquantenni (ricordiamo che le donne sono le più toccate dalla precarizzazione del mercato del lavoro), sostituiti con lavoratori più giovani; oppure ai cambiamenti di contratto con lavoratori retrocessi a tempo parziale o a contratti su chiamata o a tempo determinato”.
Anzi, l’MS sta raccogliendo le firme per un’iniziativa simile, e si distanzia da Prima i nostri. “Se questa modifica legislativa federale dovesse essere approvata, si porrebbe la necessità di strumenti per controllare il mercato del lavoro e i casi di licenziamenti sostitutivi: è quanto si propone di fare l’iniziativa popolare cantonale “più diritti per chi lavora, combattiamo il dumping salariale e sociale” lanciata dall’MPS qualche giorno or sono. Ricordiamo inoltre che il movimento per il socialismo non aveva sostenuto né l’iniziativa né il contro progetto di “Prima i nostri”, che nulla ha a che vedere con le nostre richieste”.