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26.05.21 - 16:070

La Svizzera dice basta all'accordo quadro

Non è stato possibile trovare delle soluzioni condivise in materia di cittadinanza europea e protezione dei salari dei lavoratori. Von der Leyen è già stata informata

BERNA - Seconda conferenza stampa da Berna oggi, tematica del tutto diversa da quella di un paio di ore fa, quando si è parlato di Covid e aperture. Argomento infatti l'accordo quadro, di cui è stato definito il game over.

Parmelin: "Abbiamo già informato von der Leyen"

"Il Consiglio Federale ha esaminato il risultato sull'accordo istituzionale con l'UE, facendo una valutazione globale. Dopo il mio incontro con von der Leyen abbiamo consultato le commissioni della politica estera, delle Camera e ha sentito i Cantoni, coinvolgendo anche le parti sociali, prendendo in considerazione queste consultazioni e in base ai risultati negoziali degli ultimi mesi abbiamo constatato che gli accordi con l'UE sui cittadini europei, sulla protezione dei salari non ha portato alle soluzioni adeguate. Di seguito abbiamo deciso di mettere fine a questo accordo. Dopo la riunione odierna ho parlato con la Presidente della Commissione Europea, la nostra segretaria è volata a Bruxelles e ha consegnato la lettera con le nostre informazioni".

"Nel novembre 2018 l'UE ci aveva detto che i negoziati per loro erano chiusi, una posizione unilaterale di cui avevamo preso atto. Per noi le misure accompagnamento e le direttive sul diritto dei cittadini non erano adeguate. Nel 2019 abbiamo avuto degli incontri, abbiamo poi avuto bisogno dei chiarimenti, che abbiamo scritto in una lettera".

"Le nostre esigenze si basano su un grande supporto politico. Ci serve l'appoggio di tutti. La nostra posizione è sempre stata elaborata con le parti sociali e i Cantoni. Avevamo incaricato il DFAE di parlare con l'UE per i chiarimenti".

Cassis

"Abbiamo lavorato molto per portare un compromesso con l'UE. Le differenze sostanziali sono rimaste, anche dopo incontri, sui due temi relativi alla libera circolazione".

"Sui cittadini UE, noi abbiamo una condizione diversa su quanto significa libera circolazione. Per noi vuol dire che i lavoratori e le famiglie, quando vengono in Svizzera, devono mostrare di avere abbastanza fondi per sopravvivere. Per l'UE il concetto è stato ampliato con la cittadinanza UE: essere cittadini UE fa andare oltre la libera circolazione dei lavoratori. L'UE non è disposta a fare in modo che si possa anche non recepire questa direttiva dal punto di vista svizzero, noi invece eravamo contrari al recepimento. Questo riguarda il diritto al soggiorno duraturo o l'estensione dell'aiuto agli aiuti sociali per chi non è attivo lavorativamente. Un recepimento globale sarebbe stato un completo paradigma riguardo a quanto già accettato da popolazione e Cantoni sull'immigrazione, con influenze anche sugli aiuti sociali".

"Per quanto riguarda la protezione dei salari dei lavoratori, in teoria le idee sono simili tra noi e l'UE. Ma le due parti mettono in pratica in modo diverso il principio. L'UE ha reagito a delle nostre proposte con delle contro proposte ma non ha accettato il nostro obiettivo, ovvero la protezione delle misure di accompagnamento indipendentemente dallo sviluppo delle normative UE. Senza questo le misure protettive contro il dumping salariale non sarebbero state per forza efficienti".

"Sugli aiuti statali c'è stata la possibilità di avvicinamento tra le parti ma il presupposto era di trovare soluzioni sui primi due punti, come non è avvenuto".

"All'inizio dei negoziati con l'UE abbiamo fatto diverse concezioni perché per noi il recepimento dinamico del diritto UE è fondamentale. Una clausola avrebbe reso impossibile disdire l'accordo. Accettarlo avrebbe cambiato i rapporti con l'UE e ci avrebbe richiesto una grande disponibilità al compromesso sul piano interno. Tenendo conto delle concessioni di cui ho parlato, la Svizzera deve proteggere i suoi interessi, come nel settore della libera circolazione. Il Consiglio Federale, dati i tre punti ancora da chiarire, non ha più avuto margine di manovra".

"Si tratta di interessi preponderanti per il nostro paese, ribaditi dai Cantoni, dalle parti sociali e da gran parte dei partiti".

"Già da qualche tempo ci siamo occupati di queste misure e siamo coscienti del fatto che l'accordo istituzionale non firmato potrebbe essere accompagnato da svantaggi. L'UE non è disposta, senza di esso, a siglare ulteriori accordi per permettere l'accesso al mercato da parte nostra o a aggiornare quelli esistenti, a meno che non abbia interessi suoi. Alcuni sono bloccati nel tempo, ora l'UE blocca l'aggiornamento di accorci esistenti, pensiamo ai dispositivi medici. Inoltre lega gli accordo di cooperazione, come quelli per far parte dei programmi di ricerca, all'accordo quadro. Riteniamo che questi blocchi siano avulsi, non c'entrino nulla e siano controproducenti. Non dobbiamo essere trattati peggio di stati terzi, in merito a cooperazione o riconoscimento delle equivalenze. Da tempo abbiamo iniziato a cercare dei sistemi per ovviare alle conseguenze negative della mancata firma. Una è l'ordinanza per proteggere l'infrastruttura borsistica svizzera, del 2019. Settimana scorsa abbiamo adottato delle misure bilaterali per i dispositivi medici".

"L'accesso peggiorato per le aziende svizzere nel mercato UE avrà conseguenze che non possiamo attutire. Per la partecipazione a Horizon, abbiamo un po' di opzioni".

"L'UE è un partner importantissimo per noi. Von der Leyen è già stata informata della decisione e abbiamo scritto come vorremmo continuare i rapporti. Restiamo un partner affidabile e impegnato per loro. Per quanto riguarda il secondo contributo svizzero, ci adopereremo per sbloccare in fretta i fondi. Inoltre quando si tratta dei nostri rapporti bilaterali e delle sfide a questi ultimi, vogliamo risolverle in modo positivo, garantendo un'applicazione non problematica. Vogliamo proseguire il partnenariato con l'UE con gli accordi bilaterali, se possibile per gli interessi reciproci. Cercheremo di stilare un'agenda comune per rafforzare la nostra collaborazione".

"Ci aspettiamo che gli accordi bilaterali siano applicati in modo coerente anche in futuro e che quelli che funzionano possano essere portati avanti".

"Vorrei dirlo a chiare lettere: la Svizzera e l'UE rimarranno partner legati, la collaborazione bilaterale si basa su centinaia di accordi che restano in vigore. L'UE è il nostro partner più importante, noi siamo uno dei più importanti per loro. 1,4 milioni di cittadini UE vivono qui, ci sono 340mila frontalieri che vengono a lavorare qui e 200mila persone che vengono qui con notifica. Condividiamo gli stessi valori di fondo, siamo parte della comunità del valori europei"

Keller-Sutter: "Vogliamo portare avanti e sviluppare i bilaterali"

"Vogliamo portare avanti e approfondire i bilaterali. La Svizzera è andata spesso alle urne e si è espressa più volte su temi che riguardano l'UE, insistendo sulla via bilaterale".

"Con l'accordo istituzionale avremmo voluto una base comune. Anche se l'accordo istituzionale non verrà concluso vogliamo collaborare e contribuire. Le differenze giudiriche? Non sappiamo, la collaborazione transfrontaliera potrebbe diventare più difficile. Il mio Dipartimento dovrà apportare delle modifiche per stabilizzare gli accordi. Andremo a vedere se ci potranno essere delle modifiche normative del diritto svizzero".

"L'obiettivo della verifica delle differenze di diritto tra noi e l'UE non è voler recepire il diritto UE. Non vogliamo recepire il diritto UE. Guardiamo tutto con un occhio positivo, diamo loro un doppio segnale: l'accordo istituzionale non è andato a buon fine ma i rapporti bilaterali vanno stabilizzati ulteriormente. È anche un segnale politico al nostro paese: se non firmiamo e diciamo sì alla via bilaterale, possiamo trovare le soluzioni giuste per il nostro Paese per avere dei buoni rapporti con l'UE. Lo facciamo in modo autonomo. Bisogna anche vedere quale sarà la politica europea. Vogliamo eliminare le divergenze tra i diritti, il segnale positivo è doppio: anche se l'accordo non è giunto a buon fine ma dobbiamo stabilizzare e sviluppare comunque i rapporti, e a livello interno diciamo che vogliamo la via bilaterale, grazie ai nostri successi politici consolidati siamo in grado di sviluppare delle soluzioni per salvaguardare gli interesi di noi tutti nei rapporti con l'UE". 

Parmelin: "Vogliamo continuare a collaborare"

"Oggi abbiamo posto la parola fine ai negoziati sull'accordo istituzionale. Il primo obiettivo della politica europea svizzera è di continuare a collaborare strettamente con l'UE. Dal nostro punto di vista va nell'interesse di tutti, della Svizzera e dell'UE, stabilizzare i rapporti. La Svizzera vede l'UE come un partner di prima classe e viceversa. Vogliamo avere un dialogo costante con l'UE e rafforzare i nostri rapporti con un'agenda comune".

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