BELLINZONA - "Scenata intollerabile e intimidatoria di chi intende la casa del servizio pubblico come 'cosa loro'". Nella polemica tra Fabio Regazzi e la SSM, dove la RSI non ha mai preso posizione, interviene, a piè pari e lanciando un carico da novanta, il giornalista Aldo Sofia.
I fatti: il Consigliere agli Stati, durante un dibattito, si è visto rivolgere una domanda che non gli è piaciuta e ha reagito. Il sindacato lo ha attaccato, tacciandolo di ostilità e arroganza, lui ha ribattuto parlando di un clima in studio che aveva notato essere avverso alla sua opinione e di un comportamento del moderatore andato oltre i suoi compiti (leggi qui e leggi qui).
Oggi, Sofia, prende le difese del giornalista coinvolto, che a suo dire null'altro ha fatto che il suo compito, ovvero quello di "documentarsi; conoscere al meglio il tema in discussione; quindi avere gli strumenti che gli consentano di sollevare interrogativi; se del caso di sollecitare una precisazione; eventualmente contraddire una dichiarazione se chiaramente infondata. Quindi, non contrapporre o cercare di imporre una propria convinzione personale, ma accompagnare la discussione in base alle proprie verificate conoscenze".
Dalle colonne de La Regione, sottolinea come a suo avviso per alcuni politici i moderatori debbano essere "passaparola passivi, dei semplici addetti al cronometro dei tempi assegnati, postini neutrali delle affermazioni degli ospiti".
"Forse ispirandosi all’arte venatoria di cui è appassionato e alto esponente, Regazzi “spara” ad alzo zero contro il conduttore, ne copre la voce con la sua foga, lo intima praticamente a non continuare sull’argomento, lo accusa di voler “partecipare al dibattito” invece di limitarsi a “condurlo”, accusandolo implicitamente di volerne influenzare politicamente lo svolgimento", scrive. "Con una perla finale: “… allora venga lei al mio posto, che io la sostituisco nella conduzione”.
"Comportamento padronale, come di tutti quei politici che intendono (e tanto desidererebbero) la casa del servizio pubblico come “cosa loro”, recinto in cui fare disfare e dire ciò che più aggrada, pretendendo di non essere disturbati, contrastando quei giornalisti a cui prima e dopo chiedono di essere preparati e rigorosi, di non essere mai abbastanza ‘coraggiosi’ (ma solo nei confronti dei rivali), ma guai se poi si permettono puntualizzazioni da loro ritenute fastidiose", prosegue, per portare poi alcuni esempi, lasciando capire al lettore di chi si parla: "Così come quelli dell’“allora in questi studi non mi vedrete più” (propositi sempre temporanei). O di chi, a poche settimane dalla consultazione ‘No Billag’, si permise di ricordare che il suo partito controllava migliaia di voti, capiti ci siamo?".
Dunque, in conclusione, un politico, come chiunque altro ospite, può protestare per una domanda che ritiene mal posta, ma "non vietare di porla".