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04.06.24 - 17:270

Di giornalisti e polemiche, si continua a discutere del caso Regazzi

Roberto Porta e Daniel Ritzer citano casi che hanno visto coinvolti media e politici: "Colleghi rimproverati per aver cercato di capire il ruolo della fiduciaria di Chiesa, Zali non parlava più con un quotidiano". "E Quadri che celebra Regazzi..."

BELLINZONA - L'episodio che ha visto coinvolti Fabio Regazzi, che ha ripreso in un modo che lui ha definito "muscoloso" un giornalista della RSI che gli aveva posto una domanda che a suo avviso è stata sintomi di un ruolo non rispettato, continua a far discutere. E se sul Corriere del Ticino Roberto Porta chiede tutele per i giornalisti, sottolineando quanto il mercato dei media si stia erodendo, in contrasto con una crescita delle inserzioni pubblicitarie sui social, su La Regione Daniel Ritzer allarga il campo.

Entrambi portano esempi a loro dire poco virtuosi dei rapporti tra politici e stampa. "Vogliamo ricordare i rimproveri sopra le righe subiti da diversi colleghi per aver voluto capire il ruolo della fiduciaria di Marco Chiesa? O le preclusioni a danno di una collega, che in un suo lavoro non definiva Chiasso la Lampedusa della Svizzera? Oppure vogliamo parlare di Claudio Zali, che da mesi si rifiuta di rilasciare interviste a laRegione per un articolo che non", scrive Porta. "Gli era piaciuto? Dopo aver tra l’altro impedito anche ai suoi collaboratori di rispondere alle richieste della stessa redazione, veto ora in parte rientrato. Eppure Zali è ministro di tutti i cittadini ticinesi, anche di quelli abbonati al laRegione. Certo, anche i giornalisti possono sbagliare. Ma un conto è criticare, un altro è attaccare, denigrare o ostacolare il loro lavoro". 

E Ritzer:  "C’è quello che urla ogni domenica mattina (e che – in teoria – lavora come direttore di un settimanale) che ha celebrato il fatto che alla trasmissione Rsi il moderatore sia stato “asfaltato” dal senatore; c’è chi a Comano ha invece apprezzato come il collega abbia saputo “farsi scivolare con misurata ironia” l’ostilità del consigliere agli Stati".

"Forse potremmo anche chiamarla dumping mediatico, per fare un parallelismo con un fenomeno assai noto: i nostri politici sono talmente abituati a trovare giornalisti pronti a pubblicare interviste fatte su misura, a essere ospiti di dibattiti senza contraddittorio, che poi quando qualcuno osa porre una domanda scomoda o sollevare un’obiezione l’uomo politico (non tutti, non sempre) si irrita, evita il confronto, accusa l’interlocutore di non adempiere ai suoi doveri", ragiona il direttore del quotidiano bellinzonese. "Il meccanismo è talmente perverso che poi chi cerca di svolgere il proprio lavoro secondo coscienza diventa l’esagitato, il polemico, colui o colei in fuorigioco. Invece no: dall’uomo politico possiamo e dobbiamo pretendere delle risposte, dei chiarimenti, anche il rispetto. Tutto questo il politico non lo deve alla stampa, ma alla cittadinanza: è risaputo che i media sono – dovrebbero essere – un organo di controllo che veglia sul buon funzionamento delle istituzioni".

"Chiaro che se uno dei due rappresentanti ticinesi al Consiglio degli Stati si permette, in diretta tv, di insaccare un giornalista perché ha osato fare una seconda domanda – non particolarmente arguta –, allora bisogna davvero interrogarsi su come stiamo interpretando il nostro mestiere, su quale fine abbia fatto quella responsabilità conferitaci dall’opinione pubblica", prosegue, parlando poi di un problema sociale, dove con i voti si è data vita a una "specie di venerazione del padre/padrone che ha dato vita a una forma perversa di sottomissione (di feudale e maschilista memoria). Fabio Regazzi e la sua piazzata di settimana scorsa possono dunque essere visti come uno stereotipo, una forma ben definita di esercizio del potere: economico, politico, mediatico, sociale".

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