Pubblichiamo una recente intervista del Responsabile del Centro competenze tributarie della SUPSI su diverse tematiche fiscali riguardanti il Ticino, apparsa nel numero di novembre della rivista Ticino Economico.
di Samuele Vorpe*
Il 23 dicembre 2020, i rappresentanti dei governi di Svizzera ed Italia hanno sottoscritto un nuovo Accordo sull’imposizione dei lavoratori frontalieri. In teoria dovrebbe entrare in vigore nel 2023. Crede che il nuovo governo italiano di centro-destra lo agevolerà o lo frenerà?
A mio avviso, considerato che l’accordo sui frontalieri è stato firmato dai governi, un passo indietro da parte del nuovo governo di centro-destra minerebbe le relazioni tra i due Paesi in modo significativo. Dal lato svizzero, il nostro Parlamento ha già accolto da tempo l’accordo, mentre dal lato italiano è difficile, anche se non impossibile, che il nuovo parlamento di centro-destra riesca ad approvarlo affinché possa entrare in vigore, come auspicato al momento della firma, nel 2023. Tuttavia, ritardare di un anno l’entrata in vigore dell’accordo non sarebbe uno svantaggio per il Canton Ticino, anzi…
Ci ricorda, in sintesi, i cambiamenti che contiene?
Per il Ticino, il nuovo accordo comporta il ristorno delle imposte fino al 2033 ai Comuni italiani di frontiera non più nella misura del 38.8% delle imposte incassate, ma del 40%. Inoltre, sulla base di una norma voluta per evitare discriminazioni, il moltiplicatore comunale del 100%, in luogo di quello medio dell’80% circa, applicabile ai lavoratori frontalieri che rientrano quotidianamente al loro domicilio, non potrà più essere applicato. Da un profilo finanziario, perlomeno nel breve e medio termine, per il Canton Ticino il nuovo accordo non sarà conveniente. Solo dal 2033, quando cesserà di versare i ristorni, avrà un guadagno certo. Dunque ritardare di un anno o più l’entrata in vigore gioverà alle casse del Cantone e, soprattutto, dei Comuni ticinesi. Fatta questa premessa di ordine finanziario, vediamo cosa contiene il nuovo accordo fiscale.
Per i lavoratori frontalieri, attivi nel mercato del lavoro ticinese tra il 31 dicembre 2018 e l’entrata in vigore dell’accordo, è previsto il mantenimento sine die dell’imposizione esclusiva del reddito del lavoro dipendente in Svizzera, senza doverlo dichiarare in Italia. Il Ticino, a sua volta, come sopra indicato, verserà il 40% dei ristorni fino al 2033 ai Comuni di frontiera. Dopo questa data, tratterà per questi frontalieri il 100%. Vi è poi una seconda categoria fiscale di frontalieri e cioè quelli che entreranno nel mercato del lavoro ticinese dopo l’entrata in vigore dell’accordo. In questo caso è prevista un’imposizione limitata all’80% delle imposte in Svizzera e un obbligo di dichiarare il reddito del lavoro dipendente in Italia, con concessione da parte italiana del credito d’imposta. Abbiamo dunque nell’accordo sui frontalieri due categorie: i vecchi frontalieri attivi nel mercato prima dell’entrata in vigore dell’accordo, che avranno il vantaggio di pagare le imposte solo in Svizzera fintanto che resteranno a lavorare in Ticino (o in altri Cantoni di frontiera), rispettivamente i nuovi frontalieri che saranno attivi dopo l’entrata in vigore e dichiareranno il reddito in Italia.
Si parlava di “vantaggio”. Questo perché il carico fiscale in Svizzera è notevolmente inferiore a quello in Italia. Si pensi che in Italia già da 50mila euro si paga il 43% delle imposte, mentre in Svizzera per la stessa soglia il prelievo non raggiunge nemmeno il 10% e arriva al 41% oltre un milione di reddito. Il vantaggio in termini di risparmio fiscale è evidente. Vi è, dunque, probabilmente già stata una caccia al contratto da parte dei frontalieri per entrare nel mercato del lavoro ticinese prima dell’entrata in vigore dell’accordo e continuerà ad esserci qualora questa venga posticipata. Il nuovo accordo prevede poi la reciprocità. Cosa significa? Che un lavoratore frontaliere che abita in Ticino nella zona di frontaliera (20 km dal confine) e lavora come dipendente in Italia, quest’ultima trattiene pure l’80% delle imposte. In Svizzera vi è un’esenzione del reddito nella misura dell’80% e, quindi, un’imposizione limitata al 20% del reddito. Infine, l’accordo stabilisce finalmente una definizione di lavoratore frontaliere: deve essere una persona residente in una zona di frontiera che esercita un’attività lucrativa dipendente nell’area di frontiera dell’altro Stato (in Svizzera: Ticino, Grigioni e Vallese) e che ritorna ogni giorno al proprio domicilio fiscale. È data la possibilità di soggiornare al massimo 45 giorni durante l’anno nello Stato in cui si lavora, mentre il telelavoro non è stato disciplinato.
In generale, il Canton Ticino, a livello fiscale, come è situato rispetto agli altri Cantoni?
In Svizzera, sulla base dell’art. 129 cpv. 2 della Costituzione federale, è ammessa la concorrenza fiscale intercantonale. Ogni Cantone, ai fini dell’imposte dirette, è libero di scegliere le aliquote applicabili al reddito e alla sostanza delle persone fisiche, nonché all’utile e al capitale delle persone giuridiche. Per quanto attiene alle persone fisiche, la concorrenza riguarda i contribuenti benestanti, per cui si gioca sulle aliquote dei redditi e delle sostanze elevate. Purtroppo il Ticino, soprattutto per i redditi elevati, si posiziona agli ultimi posti della classifica intercantonale, attorno al 22esimo posto e nettamente sopra la media intercantonale.
A tale riguardo è pendente un’iniziativa parlamentare elaborata dal PRLT che vorrebbe riportare l’onere fiscale nella media intercantonale. Ai fini dell’imposta sulla sostanza, grazie alla riforma fisco-sociale di qualche anno fa, è stata ridotta l’aliquota massima e oggi il Ticino è nella media. Anche per le persone giuridiche nel 2020 è stata approvata una riforma (la cosiddetta attuazione delle norme RFFA), che ha previsto una prima, seppur limitata, riduzione dell’aliquota applicabile all’utile delle persone giuridiche e una seconda, più massiccia prevista per il 2025. In questo contesto, nonostante la forte riduzione che dovrebbe portare il carico fiscale effettivo attorno al 16%, il Ticino continua a trovarsi sopra la media, poiché in tutti i Cantoni sono state approvate analoghe riforme.
Secondo lei che margine di manovra ha oggi il Governo cantonale, vista anche la guerra tra Russia e Ucraina, in questo ambito?
Nel 2020, il moltiplicatore cantonale d’imposta è sceso dal 100% al 97%. Dal 2024 potrebbe scendere ulteriormente al 96% con decisione del Gran Consiglio. In assenza di una tale decisione, il moltiplicatore tornerà al 100% e saranno disponibili maggiori entrate nell’ordine di 60 milioni di franchi da usare per delle riforme fiscali puntuali. Questo è l’accordo pattuito tra Parlamento e Governo nel 2020. Si parla in tal senso sia di una riduzione della pressione fiscale sia per i redditi elevati, sia di altre tematiche ritenute importanti, come la tassazione del capitale della cassa pensione e le imposte di successione e di donazione. Credo comunque se ne riparlerà dopo le votazioni cantonali.
Di recente lei ha scritto su una tendenza particolare che si osserva: quella delle agevolazioni fiscali da parte dell’Italia per pensionati, persone facoltose e lavoratori. Ci può spiegare di che cosa si tratta e in che misura tocca il Cantone?
Le misure varate negli anni scorsi dal governo italiano sono volte ad attirare nuovi contribuenti, soprattutto benestanti, nella Penisola. Vi è, quindi, anche una concorrenza fiscale internazionale per attirare buoni contribuenti. La misura più interessante è quella dei neo-residenti che prende spunto dalla nostra tassazione globale. Le persone che eleggono domicilio fiscale in Italia per la prima volta o dopo un’assenza di dieci anni, non sono obbligate a dichiarare i redditi di fonte estera e pagano un’imposta fissa di 100.000 euro. Tanto più i redditi esteri sono elevati, tanto più bassa è quindi l’aliquota, visto che i 100.000 euro non cambiano.
Inoltre, diversamente dalla nostra tassazione globale, queste persone possono continuare a svolgere un’attività lucrativa in Italia. Vi è poi un’esenzione dalle imposte di successione e donazione sui beni esteri e un’esenzione dall’obbligo di monitoraggio fiscale. Sicuramente si tratta di una norma molto interessante, anche più della globale, per i contribuenti benestanti. Vi è poi per i soggetti titolari di pensione di fonte estera che si trasferiscono nel Mezzogiorno la possibilità di ottenere una tassazione sostitutiva del 7% per cinque periodi di imposta. Infine, sono previsti importanti sgravi, fino al 90% del reddito del lavoro per il rientro dei lavoratori in Italia.
Per quanto riguarda le PMI, quali potrebbero essere a suo giudizio le leve fiscali che potrebbero agevolarli maggiormente e che magari non sono usate a sufficienza oppure non sono in vigore?
È interessante segnalare l’introduzione, sempre dal 2025, del doppio moltiplicatore comunale che permetterà ai Comuni una differenziazione del prelievo fiscale tra persone fisiche e giuridiche. Per quest’ultime sarà possibile scendere fino al 40% dell’imposta cantonale base, ciò che permetterà di offrire un carico fiscale del 13.8%, che è pari alla media intercantonale. Ne gioveranno soprattutto le PMI.
* prof. Dr. iur., responsabile del Centro competenze tributarie della SUPSI of counsel at COLLEGAL Studio legale e notarile Attorneys at law