di don Gianfranco Feliciani*
Quando nell’ottocento nacque la ferrovia, papa Gregorio XVI (1831-1846) esclamò sgomento: “Chemin de fer, chemin d’enfer”, (strada di ferro, strada d’inferno). Un’espressione che oggi fa ridere, ma anche piangere, se pensiamo a tutte quelle condanne che, per scarsa intelligenza umana e soprattutto evangelica, troppo spesso hanno contrassegnato il rapporto della Chiesa con il mondo. Oggi, per fortuna, non è più così, anche se, evidentemente, la questione di un “giudizio” sulle cose si impone sempre. E oggi più che mai, basti pensare a quella che viene definita “intelligenza artificiale”.
Il francescano Paolo Benanti, teologo e filosofo, è uno dei massimi esperti mondiali sull’intelligenza artificiale e membro, unico italiano, del comitato delle Nazioni Unite per lo studio della materia. Interessanti le sue riflessioni…
“Abbiamo trovato una macchina che adegua i mezzi al fine che gli viene comunicato. È questa la situazione in cui ci troviamo quando guardiamo all’intelligenza artificiale. C’è chi è entusiasta e chi dice che sarà una catastrofe. Sono due narrative che a volte non ci aiutano a comprendere. Rimanere solo all’interno delle narrative polarizzanti non ci aiuta a trasformare l’innovazione in sviluppo. L’innovazione o il progresso tecnologico sono la capacità di fare qualcosa in una maniera sempre più efficiente e sempre più forte. Lo sviluppo invece è ciò che prende dall’innovazione tecnologica e la trasforma in qualcosa che guarda anche al bene sociale. Questo significa che per governare e non subire il fenomeno bisogna mettere in atto dei ‘guardrail etici’ che mantengono la macchina sulla strada che abbiamo pensato. Questi ‘guardrail etici’ costituiscono quel nuovo capitolo dell’etica che anche stavolta sarà scritto dall’uomo. Nonostante quanto alcuni film di fantascienza possano farci pensare, la coscienza non è qualcosa che appartiene alla macchina. Quindi la vera posta in gioco che riguarda l’intelligenza artificiale, cioè la scelta dei fini adeguati, deve e può essere solo in mano all’uomo. Ciò non toglie che dare dei fini alla macchina senza farci le giuste domande, può portare a esiti catastrofici”.
È lo stesso pensiero di papa Francesco, espresso nel Messaggio di Capodanno per la 57° Giornata della Pace: “L’essere umano, pensando di travalicare ogni limite in virtù della tecnica, rischia, nell’ossessione di voler controllare tutto, di perdere il controllo su sé stesso; nella ricerca di una libertà assoluta, rischia di cadere nella spirale di una dittatura tecnologica… La mia preghiera all’inizio del nuovo anno è che il rapido sviluppo di forme di intelligenza artificiale contribuisca a porre fine a guerre e conflitti, e ad alleviare molte forme di sofferenza che affliggono la famiglia umana”.