*Dal profilo Facebook Matteo Pelli
In questi giorni ho seguito un grande amico durante i suoi ultimi giorni di vita. Il mio amico era un duro, uno di quelli che non volevano soffrire e che ha vissuto mangiando la vita. Ho potuto guardare negli occhi la dolcezza di chi assiste, cura, accudisce. Ho potuto parlare con medici e aiutanti, infermieri e personale di servizio. Ho potuto soffermarmi ogni giorno su queste persone pensando “per me siete degli eroi”.
Fatico a pensare come si possa professionalmente staccare da tanta difficoltà, a tutte le età. Ogni volta che entravo in quel reparto avvertivo l’energia di chi prova a vivere, come sospeso tra i giorni che passano con il destino legato ad una percentuale, a suoni robotici continui di macchine e sorrisi misti a incertezza. Avrei voluto abbracciarli tutti, sentire le storie, capire perché nell’assurdo calcolo della vita c’è chi è più fortunato e chi meno. Questo mi fa paura, molta paura. Forse proprio grazie a questa difficile esperienza ho pensato di più alla vita, sono fatalista e positivo per natura, ma ho voluto andare un po’ più in profondità e mi sono detto che se devo avere paura, non l’avrò per una psicosi generalizzata. Avrò rispetto, non paura. NO, la paura è un sentimento che merita un rispetto più profondo di questo.
Non può essere “buttata via” così. Ieri in un post di un amico (Damiano Crivelli che virgoletterò tra poco) ho letto dell’opportunità che stiamo rivivendo nei nostri paesi, del fatto che ci siamo accorti di avere un vicino di casa, dello spirito di gruppo “Si, tutti noi abbiamo paura di ammalarci, ma ci sono malattie più gravi, che fanno molta più paura, e che non vengono considerate perché non se ne parla molto. E allora non pensiamoci, e facciamo la spesa nei nostri negozietti, usciamo per le strade e facciamo una passeggiata senza doverci spostare con l'auto e fare centinaia di chilometri, fermiamoci all'osteria di paese e beviamoci un bel bicchiere di vino (meglio se locale), incontriamo la gente del nostro paese, che non abbiamo mai conosciuto”.
Io non ho paura e ho voglia di mangiare la vita anche per quelli che, meno fortunati per quello strano destino che si chiama vita, non possono più farlo.
*Direttore TeleTicino e Radio3i