MONCUCCO - Fra un paio di giorni M.M, 29 anni, probabilmente la paziente più giovane a dover essere intubata a causa del Coronavirus, tornerà a casa. Il calvario si avvia a un lieto fine, un percorso a ostacoli che ha voluto condividere in modo schietto e toccante sui social, con ricordi e sensazioni.
Col suo permesso, lo pubblichiamo a puntate, seguendo la sua vicenda. Che lei, i suoi familiari, le sue amiche vogliono gettarsi dietro le spalle, ma che M.M. si augura sia una testimonianza che aiuti chiunque a capire il rischio di sottovalutare il virus.
Ecco le sue parole:
"Pronto dottore, é la terza notte con gli stessi sintomi: febbre a 40° per 2-3h, tosse tantissima, e mi manca il respiro".
"Signora non perda tempo. Corra alla clinica più vicina e si faccia fare il tampone".
Così é iniziato il calvario.
L'avrò preso a qualche carnevale? In qualche locale? Facendo la spesa? Sul bus? Chi lo sa...
Potrei dire di essermene fregata ed essere uscita pensando "Tanto a me non succederà nulla, é una malattia per anziani o persone con già una patologia".
O potrei dire che si, me ne sono fregata, ma in realtà non so dove abbia contratto il Coronavirus.
L'unica cosa é che era certo, e che nel mattino di martedì 17 marzo 2020, scortata da mia sorellina, stavo camminando in direzione della Clinica Moncucco pronta a sottopormi al test.
Fortuna che con me c'era mia sorellina, perché ho avuto non poche difficoltà col fiato lungo il tragitto. Sono arrivata col fiato corto e molto affanno.
All'esterno della clinica era stato allestito un capanno apposta per il tampone del coronavirus.
Ho potuto entrarci solo io. La mia sorellina é rimasta fuori col mio cell.
Tampone nel naso, un altro in gola, un prelievo di sangue, e poi il verdetto finale: Signora: lei é positiva al Coronavirus.
Lo shock, la paura per mia sorellina che era stata con me e che aveva in mano il mio cellulare sicuramente infetto, il terrore per le amiche viste negli ultimi giorni...
Tutto questo é saltato fuori di colpo. "E adesso?"
"Adesso signora la interniamo. Facciamo una tak, e la portiamo in prontosoccorso mentre aspettiamo i risultati della tak.
"La mia sorellina... dovete avvertirla... e darle queste chiavi, e tirarle via il mio cell che sarà infetto di sicuro"
Dopo di che stavo iniziando le prime tack e radiografie, sperando che le chiavi di casa le pervenissero in fretta, e lei non fosse già contagiata.
Nel giro di un'ora o poco più avevo fatto la tack, le radiografie, ero stata messa in prontosoccorso, mi erano stati attaccati fili a destra e sinistra, provati i parametri e trasferita in una stanza da sola con la diagnosi di Coronavirus positiva e polmonite in corso.
Successivamente ero stata spostata in camera con un'altra persona per qualche giorno, ma mi accorgevo che più il tempo passava e più mi affaticavo per le piccole cose.
Alla fine, quando la mia compagna di stanza fu dimessa, io venni internata definitivamente.
"Ciao sto entrando in cure intense e per un po' mi terranno addormentata... ci sentiamo quando mi svegliano". Fu ciò che scrissi ai miei genitori e le mie sorelle, e ad alcuni amici tra cui il gruppo della chiesa prima di spegnere definitivamente il cellulare.
E l'agonia iniziò. Era il 20 marzo 2020".