BELLINZONA – I dubbi che non fanno dormire la notte: come è morta, quando si è aggravata, c’è qualcosa che non mi è stato detto? In tempi dei Coronavirus, quando spesso si muore soli, le domande tormentano i parenti. Quando si tratta di decessi di anziani ancor di più.
La storia che viene raccontata nel libro del Caffè “Effetti collaterali” riguarda proprio una signora di 88 anni, affetta da Alzehimer e ospite di una casa anziani. Il 7 aprile il Covid se l’è portata via. Alla figlia il decesso viene annunciato con una chiamata, dentro di lei, oltre al dolore, c’è il dubbio che la madre non sia stata curata a dovere.
Il 3 aprile si lamenta di ricevere scarse informazioni, chiede al direttore di poter avere dettagli. E le viene organizzata una videochiamata. Ma quando vede la madre, si spaventa: “Ma questa non è mia mamma!, grido forte. È…, ma è tutta pelle e ossa. Dove è la flebo, dov’è l’ossigeno?! Attorno a lei, dato che il direttore sta a distanza dal letto, vedo chiaramente che non c’è nulla. Tubi, ossigeno… Le infermiere però mi tranquillizzano mi spiegano che la mamma sta riposando”.
Nei tre giorni successivi, la donna chiama costantemente la struttura. Chiede di portare la mamma in ospedale e le viene detto che non si può. “Non so niente di quella settimana in cui la mamma ha cercato di combattere il virus ma purtroppo non ce l’ha fatta. Non ce l’ha fatta perché doveva davvero andare così o perché non le sono state assicurate le cure necessarie?”, si chiede.
Per togliersi i dubbi, richiede la cartella clinica. Ma anche qui ci sono problemi. “L’ho chiesta, subito. Come no?! L’ho chiesta al direttore. E lui mi domanda perché. Ma come perché!? La voglio e basta. E allora risponde che deve vedere, che c’è un protocollo, che non sa se si può consegnare ai parenti e poi che… Poi conclude: ‘beh, per averla occorre il permesso del medico cantonale’”.
Intanto, la mamma se ne è andata, con lei tutti i suoi ricordi come fotografie, che era sconsigliabile tenere dopo il Covid.