MELIDE – “Io un nome ce l’ho…”. Don Gianfranco Feliciani, arciprete di Chiasso, ospite ieri sera di Matrioska insieme a Filippo Lombardi e Cristina Ferrari per commentare le dimissioni di monsignor Valerio Lazzeri, ha lanciato una proposta per il futuro vescovo di Lugano. “Lo butto? Ma non è solo una boutade…”, ha detto il sacerdote dopo aver premesso che la Chiesa deve tornare alle radici, ai fondamenti, che sono i valori umani e spirituali. “È finita l’epoca in cui la Chiesa andava a braccetto con il potere politico. Il vescovo Valerio ha voluto tornare al primato della parola di Dio, ha capito che bisogna partire da lì. Allora partiamo dall’uomo, con i suoi valori, con il desiderio di infinito che ha dentro e portiamo lì l’annuncio di fede”.
Ma veniamo al nome: “Fra’ Martino Dotta. Un uomo di fede innamorato di Dio, innamorato di Francesco d’Assisi, che ha fatto della priorità per la povera gente l’ideale della sua vita. Certo, c’è la difficoltà che non è un prete, ma un frate. Un amico della povera gente, questo è il profilo che secondo me deve avere un vescovo. Il Papa dice: la nostra società è malata, ha bisogno di misericordia. L’11 ottobre di 60 anni fa Papa Giovanni alla chiusura della giornata del Concilio tornando a casa disse: vedrete i bambini, date una carezza ai vostri bambini e dite è la carezza del Papa. Ecco la chiesa deve tornare lì, ai poveri”.
Tutti conosciamo Fra’ Martino per il suo impegno in favore dei poveri e delle persone che soffrono. Un impegno che si può riassumere in una sua frase: “O il Vangelo si applica in modo estremamente concreto nella vita, oppure si tratta di chiacchiere vuote”.
Ma intanto le redini della Diocesi di Lugano sono nelle mani dell’amministratore apostolico Alain De Remy, vescovo ausiliare di Losanna, Ginevra e Friborgo, che probabilmente rimarrà in carica per almeno un anno. E magari potrebbe anche essere lui il nuovo vescovo…
Domanda conseguente: il capo della Diocesi di Lugano deve essere un ticinese? Sì, secondo la legge, ma le leggi si possono cambiare, come ha annotato durante la trasmissione la giornalista
Cristina Ferrari. E Filippo Lombardi ha aggiunto: “Oggi circa metà del nostro clero non è più ticinese, e arriverà anche il momento in cui il vescovo non lo sarà. L’importante è che sia una personalità all’altezza, non solo spirituale ma anche gestionale, perché un vescovo deve amministrare la Diocesi. Se poi arriva da fuori per me non è un discrimine, si cambierà la legge”.