BELLINZONA – Dopo le polemiche seguite all’arresto di Cesare Battisti e alla volontà di Salvini di riportare in Italia i terroristi degli anni di piombo, in Ticino per qualche giorno non si parlò altro che di Baragiola Lojacono. Adesso, dopo un po’ di silenzio, Bignasca, Ducry e Gaffuri, in un’interpellanza interpartitica chiedono come abbia fatto a ottenere la nazionalità svizzera.
Infatti, dopo aver fatto parte del comando che rapì Aldo Moro, “fuggito in Svizzera, ricevette il passaporto rossocrociato e rifiutò quello italiano, così da non poter essere estradato. Ha vissuto in Ticino per diversi anni, è stato arrestato a Lugano l’8 giugno 1988 e fu condannato per il caso Tartaglione, ora sembrerebbe che lavori per un’università svizzera (Friborgo) in qualità di “esperto su temi di sicurezza e conflitti” (e non è sarcasmo!)”, scrivono i tre.
“A prescindere dalle richieste italiane di estradizione, sulle quali si dovranno chinare gli organi di competenza, a noi preme fare chiarezza sul trascorso in Ticino, sulla concessione di naturalizzazione e sulle responsabilità politiche assunte dai responsabili di allora”, proseguono, per poi chiedere:
"1) Chi fu Consigliere di Stato a capo del Dipartimento di Polizia, degli Interni e di Giustizia ai tempi dell’accaduto?
2) Quali erano i rapporti tra l’allora Governo, rispettivamente i singoli Consiglieri di Stato e la famiglia Baragiola?
3) Come è possibile che un terrorista ricercato internazionalmente abbia ricevuto il passaporto svizzero? Quali verifiche vennero svolte?
4) Per quali capi d’accusa è stato processato e condannato Baragiola in Svizzera?
5) Vi sono stati altri procedimenti oltre a quello per cui è stato processato, aperti nei suoi confronti in Svizzera? In caso affermativo, come si sono chiusi? Rispettivamente vi sono incarti ancora aperti nei suoi confronti?"