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Cronaca
19.01.19 - 16:140

Lojacono Baragiola, adesso parla lui. "Pronto a scontare l'ergastolo in Svizzera. Non sono un terrorista"

L'ex delle Brigate Rosse non si nasconde. "Quella chiesta dalla Lega equivarrebbe a una deportazione alla boliviana. Vivo non sapendo se mi riarresteranno o riprocesseranno per qualcosa"

BERNA – Non si ritiene un terrorista, ma è pronto a scontare l’ergastolo, “per chiudere la vicenda”, se la giustizia elvetica desse seguito a una richiesta italiana, che non c’è mai stata. Ma niente estradizione.

“L’Italia non ha mai chiesto la mia estradizione alla Svizzera, ed una “consegna” come la richiede la Lega dei ticinesi equivarrebbe a una deportazione alla boliviana, che la Confederazione non prevede”, dichiara l’ex terrorista delle Brigate Rosse Alvaro Lojacono Baragiola. Il suo nome è tornato in auge dopo l’arresto di Battisti, con la Lega che ha chiesto di estradarlo in Italia. Lui in una lunga intervista a Ticinonline non si è nascosto.

“Sono passati 40 anni e l’Italia si è sempre mossa in una logica di vendetta, come si è ben visto anche nel caso Battisti, e non ha mai rinunciato a un quadro giuridico d’eccezione. In una giustizia normale la "certezza della pena" vale anche per il detenuto: io sono stato scarcerato quasi venti anni fa, e sto ancora come prima dell’arresto, senza sapere se un giorno o l’altro mi riarrestano o mi riprocessano per qualcosa”.

In Svizzera ha scontato 11 anni per un omicidio, ha lavorato per la RSI, insegna all’università e ha il passaporto roccocrociato, Ma partecipò infatti all’agguato di via Fani a Roma dove venne rapito il presidente della Democrazia Cristiana e per questo l’Italia l’ha condannato in contumacia all’ergastolo. “Se la giustizia elvetica desse seguito a una richiesta italiana e me lo facesse scontare, l’accetterei senza obiezioni, almeno metteremmo la parola fine a questa vicenda”.

“Ogni volta che il tema è rilanciato dai media associandolo al mio nome ricevo insulti e minacce. È una pena supplementare, non ci posso fare niente. Ci sono memorie collettive diverse ed in conflitto tra loro, e nessuna sarà mai condivisa da tutti. Entriamo nel cinquantenario del lungo ’68, dopo mezzo secolo si dovrebbe poter trattare le cose storicamente, ma non è così, sembra che i fatti siano avvenuti ieri. C’è stata una "linea della fermezza" lanciata dal PCI al tempo del sequestro Moro, continuata poi con le leggi d’emergenza e con la politica della vendetta, che in questi giorni ha raggiunto livelli impensabili con l’esibizione del detenuto-trofeo”, afferma. Sostenendo di non essere un terrorista.

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