BERNA – L’intervista in cui Ignazio Cassis non le ha mandate a dire all’accordo quadro, ritenendolo non vitale per la Svizzera, affermando che se “non riuscisse a giungere al termine del suo percorso, che venga fermato dal Parlamento o da una votazinone popolare, non sarà una questione drammatica”, non ha lasciato indifferente l’UDC, da sempre contrario all’accordo.
A stretto giro di posta infatti Marco Chiesa ha inviato un’interrogazione al Consiglio Federale. “La Svizzera continuerà ad esistere”, per prendere in prestito le parole del responsabile del Dipartimento degli Affari Esteri, in barba alle cassandre di Economiesuisse e degli euroturbo. “Se l’accordo quadro non riuscisse a giungere al termine del suo percorso, che venga fermato dal Parlamento o da una votazione popolare, non sarà una questione drammatica". Più chiaro di così!“. Più chiaro di così!”, scrive.
“A seguito di quanto sopra, al fine di spazzare il campo da uno degli argomenti prediletti dai favorevoli a questo accordo coloniale, ossia la minaccia dell’isolazionismo della Svizzera, pongo le seguenti domande:
1. Il CF condivide le riflessioni del CF Cassis, in particolare quella che un’eventuale non sottoscrizione dell’accordo istituzionale non rappresenti una questione drammatica per il nostro Paese?
2. Le aziende svizzere potranno continuare a esportare i propri prodotti nell’UE anche senza un nuovo accordo istituzionale? Il famigerato accesso al mercato è dunque garantito anche senza la sottoscrizione di un accordo istituzionale?
3. In caso di rappresaglie economico-commerciali da parte dell’UE dal momento che non sottoscrivessimo l’accordo istituzionale, la Svizzera ha la possibilità, l’intenzione e la forza di approntare delle contromisure per difendere i propri interessi?
4. Queste eventuali contromisure sono già state definite e, se non fosse il caso, non sarebbe prudente e accorto allestire una lista di risposte a una crescete pressione europea al fine di non farci trovare impreparati?
5. Il CF non dovrebbe comunicare trasparentemente e collegialmente alla popolazione svizzera che l’accordo istituzionale non è una questione di vita o di morte per il nostro Paese, piuttosto che lasciare aleggiare queste minacce da parte di alcune associazioni di categoria e partiti politici?”