BELLINZONA - Non è escluso che i quattro frontalieri accusati di percepire il reddito di cittadinanza in Italia nonostante lavorino in Ticino possano vedersi revocare il permesso G, ma dipenderà dall'eventuale accertamento del reato e dalla sua natura.
Il caso dei quattro frontalieri che percepiscono il reddito di cittadinanza
Lo ha detto il Consiglio di Stato rispondendo a una interrogazione di Massimiliano Robbiani, che era stato molto duro nel suo atto parlamentare: "Tre donne e un uomo hanno omesso di dichiarare il reddito percepito in Ticino. Le cifre contestate vanno dai 1'200 ai 27'000 euro. Questi fatti poco gratificanti, fatti da chi guadagna la “pagnotta” in Ticino, lasciano di certo l’amaro in bocca. Non è accettabile che questi frontalieri truffaldini, possano ancora lavorare nel nostro Paese. In buona sostanza, provata la loro responsabilità, gli si tolga il permesso di lavoro". (leggi qui e leggi qui)
Il Governo: "Per una revoca servono fatti gravi"
Il Consiglio di Stato nella risposta ha precisato come "la revoca di dei permessi di soggiorno o di lavoro per ragioni di ordine pubblico, inerenti cittadini comunitari, può avvenire solo a determinate condizioni giusta l’art. 5 Allegato I ALC, il quale deve essere interpretato in maniera restrittiva così come disposto dalla giurisprudenza del Tribunale federale e dalle Istruzioni della Segreteria di Stato della migrazione" e come peraltro "durante le indagini di polizia, soprattutto per quelle svolte all’estero, per le Autorità degli stranieri è particolarmente difficoltoso ottenere le informazioni necessarie, per valutare l’adozione di eventuali provvedimenti amministrativi. In caso di procedimenti penali svolti all’estero l’Ufficio della migrazione (UM) della Sezione della popolazione (SP) può ottenere le informazioni di cui necessita quasi esclusivamente tramite la persona straniera medesima, facendo capo al suo obbligo di collaborazione sancito dall’art. 90 LStr".
"L'Ufficio della migrazione era a conoscenza dei fatti"
Tornando al caso specifico, l'Ufficio della migrazione "è attento a quanto viene riportato sui media in merito a fattispecie come quelle del presente atto parlamentare. Le stesse rappresentano un fattore di rischio che viene debitamente analizzato da parte dell’Ufficio, nel contesto delle proprie competenze e, laddove da tali verifiche emergano elementi sufficienti, l’UM può predisporre una misura amministrativa".
Quindi "non vi è pertanto da escludere che il reato commesso dai quattro cittadini stranieri potrebbe condurre a un provvedimento amministrativo. In effetti saranno la qualificazione del reato, l’entità della condanna inflitta, la durata della perpetrazione del reato e gli eventuali ulteriori precedenti penali a carico degli interessati che determineranno l’entità dell’eventuale intervento da parte dell’UM. Tuttavia, si ribadisce che al momento un pronostico è ancora del tutto prematuro, poiché tale tipo di indagini non rientra nei compiti dell’UM, siccome di esclusiva competenza della Magistratura italiana".
Essere frontaliere non vuol dire, prosegue la risposta, non poter esercitare una attività lucrativa.
Robbiani aveva chiesto anche se il Governo sa di altri casi simili. "Non siamo a conoscenza di altre fattispecie analoghe", è la replica, con la precisazione comunque che "quanto emerso sui media ticinesi corrisponde alle informazioni in possesso dell’UM, che pure ha avuto notizia di tale fattispecie da questa fonte".