di Don Gianfranco Feliciani *
“Parresia” è una parola della lingua greca che significa “dire tutto”. Deriva da “pan” (tutto) e da “reo” (dire). Significa quindi franchezza, libertà di parola, chiarezza, coraggio, trasparenza, diritto-dovere di dire la verità. Nella teologia del Nuovo Testamento il termine “parresia” riveste un’importanza capitale: designa infatti l’atteggiamento del credente – soprattutto se investito di autorità nella Chiesa – chiamato a proclamare e a testimoniare sempre il Vangelo di Gesù nella verità e nella sincerità.
Sta facendo discutere in Ticino la presa di posizione di una cinquantina (?) di preti inviata al Nunzio apostolico in Svizzera. Nella missiva, con toni decisamente aspri, si denuncia una spaccatura nella Diocesi, la mancanza di fiducia negli uomini di Curia accusati di carrierismo e dispotismo, come pure il mancato ascolto da parte dell’Amministratore apostolico. Sempre in questo contesto vi sarebbe anche una seconda lettera, questa volta anonima, recapitata nei giorni scorsi a un numero imprecisato di preti ticinesi in cui si propone una consultazione per la nomina del nuovo vescovo di Lugano.
Intervistato dalla RSI, mons. Alain de Raemy così si è espresso: “Sono sorpreso. Mi dispiace se qualcuno lo percepisca così, ma penso che la Curia sia un luogo aperto. Dall’inizio ho dato anche i miei recapiti personali. Ognuno può rivolgersi a me, e questo lo ribadisco, perché ognuno lo faccia davvero. Non percepisco il clima denunciato, ma se qualcuno sta male, io sono davvero qui per lui. A me serve sempre sapere dove c’è un disagio”.
E queste del vescovo Alain non sono parole di circostanza. Chi lo conosce, e tutti i ticinesi hanno imparato a conoscerlo in questi mesi, sanno che sono parole sincere di un uomo buono e gentile, intelligente e pronto all’ascolto. Ciò che colpisce allora, più che il contenuto delle accuse, è la modalità che si è voluto scegliere per esternarle… quella dell’anonimato. Una domanda si impone: perché tramare nell’oscurità? perché colpire nascondendo la mano? Dov’è finita la “parresia” evangelica?
A Madre Teresa di Calcutta sono attribuite varie esortazioni, legate a simboli del mondo indiano in cui era immersa. È il caso di queste due sentenze, semplici ma necessarie in una società, Chiesa compresa, dove spesso, tradendo la “parresia”, si cede all’ipocrisia del pettegolezzo, dello scontro, persino dell’insulto. “Da un incontro nasce un confronto. Da un confronto sboccia un dialogo. Da un dialogo fioriscono le idee. Le idee seminano amore”… “Il frutto del silenzio è la preghiera. Il frutto della preghiera è la fede. Il frutto della fede è l’amore. Il frutto dell’amore è il servizio. Il frutto del servizio è la pace”.
* arciprete di Chiasso