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Il Blog di Don Gianfranco
29.09.24 - 11:200

Don Feliciani: del suicidio e della "capsula della morte"

"Quante persone socialmente “diverse”, psicologicamente problematiche o irrecuperabili, o semplicemente anziane vengono trattate in un modo che equivale a un pratico invito a togliersi di mezzo dal teatro della vita!"

di Don Gianfranco Feliciani

La notizia è una di quelle che fa rabbrividire: “Sarco, definita anche la capsula della morte, è stata impiegata per la prima volta: è successo lunedì nel canton Sciaffusa. A togliersi la vita sarebbe stata una donna statunitense di 64 anni: la polizia conferma solo che sono state fermate diverse persone con l’accusa di istigazione e aiuto al suicidio. Del caso si sta occupando la procura. Per le autorità federali, il dispositivo non è conforme al diritto, ma The Last Resort è di tutt’altro avviso” (Corriere del Ticino, 25 settembre 2024).

“Non ne posso più… Sono depresso… Non trovo lavoro… Sono ossessionato dai debiti… Sono solo, abbandonato da tutti e malato… Meglio farla finita!”. Sempre più spesso mi capita di ascoltare sfoghi come questi, ed è sempre un’esperienza sconcertante. La prima reazione è quella di un silenzio imbarazzante. Non riesco a dire nulla. Il crescente disagio sociale ed economico, l’individualismo e l’indifferenza dilaganti, le ingiustizie e le guerre che divampano nel mondo, sono sotto gli occhi di tutti, lasciano sgomenti e ispirano pensieri di morte.

Cosa dire, cosa fare? Inutile rivolgersi al disperato con argomentazioni etiche e religiose, del tipo: il suicidio è un peccato gravissimo, perché la vita è sacra e solo Dio può decidere quando ce ne andremo da questo mondo. È senz’altro vero, ma detto così in maniera astratta, non solo serve a niente ma si rischia di peggiorare la situazione. Il discorso si fa estremamente ampio e complesso fino a coinvolgerci tutti. Infatti, in moltissimi casi la colpa del suicidio ricade sull’intera società, quindi su ciascuno di noi, perché spesso la disperazione riflette la latitanza di coloro che avrebbero dovuto prendersi amorevolmente cura della persona in difficoltà.

Quante persone socialmente “diverse”, psicologicamente problematiche o irrecuperabili, o semplicemente anziane – gli “scarti” della nostra società del benessere, così li chiama papa Francesco – vengono trattate in un modo che equivale a un pratico invito a togliersi di mezzo dal teatro della vita! E un tentato suicidio, in molti casi, non è in realtà un ultimo disperato tentativo per implorare un po’ di attenzione e di affetto? C’è di che riflettere seriamente, perché tutti siamo chiamati a farci carico della sofferenza del nostro prossimo. “E nessuno – ci dice madre Teresa di Calcutta – è così povero da non poter dare a qualcuno anche solo un piccolo aiuto. E anche il più piccolo dono fatto con cuore grande diventa qualcosa di grande”.

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