Questa settimana la nostra sintesi dell'Economia con Amalia inizia con uno sguardo alla situazione internazionale. In poche settimane sono accaduti molti eventi che potrebbero avere grandi impatti sui prossimi mesi e che già in parte giocano un ruolo sulla situazione attuale. Pensiamo per esempio agli indicatori sulla fiducia dei consumatori e delle imprese che peggiorano. O ancora alle previsioni economiche degli istituti riviste continuamente al ribasso. Anche sul fronte dei dati pubblicati leggiamo risultati in apparente contrasto. L'indicatore della produzione industriale, che rappresenta la quantità di beni e servizi prodotti sul territorio nazionale, è positivo, e anche superiore alle previsioni degli analisti, per il mese di giugno per Spagna, Germania e Francia. Fuori dall'Europa, dati positivi anche per Giappone e Cina. In controtendenza, il caso dell'Italia che per il secondo mese consecutivo non riesce a conseguire i risultati previsti. Sul fronte occupazionale in generale l'Unione Europea mostra una certa stabilità, se non addirittura riduzioni dei tassi di disoccupazione. Superiore a ogni previsione il dato degli Stati Uniti dove si registrano quasi 530 mila nuovi posti di lavoro, il doppio di quelli previsti: importanti le assunzioni nel settore infermieristico e del turismo. Questo nuovo aumento sul fronte dell'occupazione che quindi allontanerebbe il rischio di una recessione potrebbe essere letto dalla Banca Centrale degli Stati Uniti, la FED (Federal Reserve), come una conferma della validità della politica monetaria restrittiva attuata negli scorsi mesi e quindi dare l'impulso per un ulteriore aumento dei tassi di interesse in settembre. Si stima che potrebbero aumentare nuovamente di 0.75 punti. E proprio in questi giorni la Bank of England (BoE, Banca centrale del Regno Unito) ha annunciato un aumento di 0.5 punti percentuali, portando i tassi all'1.75%, massimo dalla crisi finanziaria del 2008. La BoE ha preso questa decisione prevedendo un tasso di inflazione per fine anno di ben il 13%.
Inflazione che purtroppo non sembra dare grandi segnali di arresto, anche se in alcuni casi si registrano rallentamenti e dati migliori delle aspettative, come nel caso degli Stati Uniti con un aumento dei prezzi annuali dell’8.5% (previsto 8.7%, mese precedente 9.1%). In Germania e Italia in luglio le prime stime parlano di un leggero miglioramento, rispettivamente dal 7.6% al 7.5% e dall’8% al 7.9% (giugno e luglio). In Svizzera l'indice dei prezzi al consumo conferma per luglio un aumento del 3.4%, quindi una certa stabilità rispetto al mese precedente. Non possiamo tuttavia ancora parlare di problema superato e questo perché dobbiamo analizzare il comportamento dei prezzi dei singoli prodotti per un certo numero di mesi. Certo siamo contenti che il prezzo dell'olio da riscaldamento sia diminuito del 3.3% rispetto al mese precedente, ma sicuramente la nostra gioia viene ridimensionata dal fatto che lo stesso sia aumentato del 76.2% in un anno. In questo caso il paniere dei consumi svizzeri stima che la famiglia media destini lo 0.623% del suo budget a questa voce (concretamente se spendiamo 1'000 franchi, 6.23 li usiamo per l'olio da riscaldamento). La composizione del carrello della spesa è spesso messa in discussione, ma i dati più attendibili sono al momento questi e con questi dobbiamo riflettere. Altra voce che si è comportata in maniera simile è la benzina che mostra una leggera riduzione su base mensile (-0.3%), ma un aumento del 30.9% su base annuale. Per finire la carrellata delle fonti energetiche, diesel e gas non interrompono nemmeno questo mese la loro corsa (aumenti mensili e annuali rispettivamente del 1.3% e 33% per il diesel e del 9.1% e del 56.3% per il gas). Ma un altro dato ci incuriosisce e ci porta anche alle attuali tensioni internazionali: il prezzo dei veicoli a noleggio che è salito di quasi il 32% rispetto al mese prima e di oltre il 47% rispetto a un anno fa.
E allora cosa c’entra il prezzo delle automobili a noleggio con le tensioni a Taiwan tra Cina e Stati Uniti? C’entra, eccome. Ma facciamo un passo indietro. Pur non avendo il tempo di affrontare tutta la storia di questo territorio, facciamone una sintesi (se ci sono imprecisioni o errori, non esitate a contattarmi). Taiwan è una piccola isola di fronte alla Cina Continentale dove nel 1949 si rifugiò il governo nazionalista sconfitto nella guerra civile contro il partito comunista che vincendo fondò la Repubblica Popolare Cinese. La Repubblica di Cina (Taiwan e altre piccole isole) fu estromessa dall'Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) nel 1971, per volere della Cina che la considerava una sua provincia "ribelle". Da allora in maniera ufficiale tutti i Paesi hanno da sempre riconosciuto l'esistenza di un'unica Cina comprendente Taiwan, mentre ufficiosamente lo sviluppo di questa isola è stato molto indipendente, sia dal punto di vista politico che economico. In questo caso gli Stati Uniti hanno sostenuto finanziariamente e militarmente Taiwan seppur rispettando l'accordo con la Cina. Sono decenni che la tensione in questa regione del mondo è alta. La Cina ritiene Taiwan un suo territorio e non ha mai nascosto il desiderio di riconquistarlo anche con la forza. La comunità internazionale è riuscita finora ad evitare lo scontro. Tuttavia, la visita della Speaker della Camera (figura che conduce i lavori della camera dei rappresentanti del Congresso negli Stati Uniti) Nancy Pelosi è stata vissuta come una provocazione dai cinesi che in risposta hanno cominciato a fare esercitazioni militari molto vicine a quelli che potrebbero essere i passi per una vera e propria guerra di annessione. Ma perché Stati Uniti e Cina si contendono questa "piccola" isola di soli 23 milioni di abitanti? Oltre a ragioni strategiche militari, Taiwan è l'esempio di un'economia florida e in espansione continua. Il valore del suo Prodotto Interno Lordo (PIL) la colloca tra le 20 prime nazioni al mondo. Il suo sviluppo dipende principalmente dalle produzioni tecnologiche e informatiche: apparecchiature elettroniche, macchinari, strumenti di precisione, microchip. Ma anche nei servizi assicurativi e bancari svetta ai primi posti delle classifiche mondiali. Per non parlare del resto della sua industria: da quella alimentare ai tessili, dalle attività estrattive al turismo, tutti i settori sono cresciuti. Non solo: Taiwan ha fatto delle zone industriali di esportazione (EPZ - zone particolari in cui si beneficia agevolazioni fiscali) un punto di forza. Ma quindi che legame hanno i prezzi delle automobili a noleggio con lo scontro per il controllo su Taiwan? Taiwan produce circa il 64% dei microchip del mercato mondiale. Due terzi dei nostri computer, automobili, armi, elettrodomestici e di quasi tutto quello che vi viene in mente che utilizzate come tecnologia, dipende da questa nazione. Sappiamo che le materie prime e i problemi di approvvigionamento durante il lockdown hanno causato enormi ritardi nella produzione di veicoli, ragione per la quale, come nel migliore dei mondi economici, la legge della domanda (tanta) e dell'offerta (poca) fa lievitare i prezzi delle automobili, anche a noleggio. A prescindere dai microchip, speriamo che la situazione torni sotto controllo quanto prima; ci mancherebbe un altro conflitto che si unisce a quello in Ucraina e a quello recente riacceso a Gaza.
*Di Amalia Mirante
Questa settimana la nostra sintesi dell'Economia con Amalia inizia con uno sguardo alla situazione internazionale. In poche settimane sono accaduti molti eventi che potrebbero avere grandi impatti sui prossimi mesi e che già in parte giocano un ruolo sulla situazione attuale. Pensiamo per esempio agli indicatori sulla fiducia dei consumatori e delle imprese che peggiorano. O ancora alle previsioni economiche degli istituti riviste continuamente al ribasso. Anche sul fronte dei dati pubblicati leggiamo risultati in apparente contrasto.
L'indicatore della produzione industriale, che rappresenta la quantità di beni e servizi prodotti sul territorio nazionale, è positivo, e anche superiore alle previsioni degli analisti, per il mese di giugno per Spagna, Germania e Francia. Fuori dall'Europa, dati positivi anche per Giappone e Cina. In controtendenza, il caso dell'Italia che per il secondo mese consecutivo non riesce a conseguire i risultati previsti. Sul fronte occupazionale in generale l'Unione Europea mostra una certa stabilità, se non addirittura riduzioni dei tassi di disoccupazione.
Superiore a ogni previsione il dato degli Stati Uniti dove si registrano quasi 530 mila nuovi posti di lavoro, il doppio di quelli previsti: importanti le assunzioni nel settore infermieristico e del turismo. Questo nuovo aumento sul fronte dell'occupazione che quindi allontanerebbe il rischio di una recessione potrebbe essere letto dalla Banca Centrale degli Stati Uniti, la FED (Federal Reserve), come una conferma della validità della politica monetaria restrittiva attuata negli scorsi mesi e quindi dare l'impulso per un ulteriore aumento dei tassi di interesse in settembre. Si stima che potrebbero aumentare nuovamente di 0.75 punti. E proprio in questi giorni la Bank of England (BoE, Banca centrale del Regno Unito) ha annunciato un aumento di 0.5 punti percentuali, portando i tassi all'1.75%, massimo dalla crisi finanziaria del 2008. La BoE ha preso questa decisione prevedendo un tasso di inflazione per fine anno di ben il 13%.
Inflazione che purtroppo non sembra dare grandi segnali di arresto, anche se in alcuni casi si registrano rallentamenti e dati migliori delle aspettative, come nel caso degli Stati Uniti con un aumento dei prezzi annuali dell’8.5% (previsto 8.7%, mese precedente 9.1%). In Germania e Italia in luglio le prime stime parlano di un leggero miglioramento, rispettivamente dal 7.6% al 7.5% e dall’8% al 7.9% (giugno e luglio). In Svizzera l'indice dei prezzi al consumo conferma per luglio un aumento del 3.4%, quindi una certa stabilità rispetto al mese precedente. Non possiamo tuttavia ancora parlare di problema superato e questo perché dobbiamo analizzare il comportamento dei prezzi dei singoli prodotti per un certo numero di mesi. Certo siamo contenti che il prezzo dell'olio da riscaldamento sia diminuito del 3.3% rispetto al mese precedente, ma sicuramente la nostra gioia viene ridimensionata dal fatto che lo stesso sia aumentato del 76.2% in un anno. In questo caso il paniere dei consumi svizzeri stima che la famiglia media destini lo 0.623% del suo budget a questa voce (concretamente se spendiamo 1'000 franchi, 6.23 li usiamo per l'olio da riscaldamento). La composizione del carrello della spesa è spesso messa in discussione, ma i dati più attendibili sono al momento questi e con questi dobbiamo riflettere. Altra voce che si è comportata in maniera simile è la benzina che mostra una leggera riduzione su base mensile (-0.3%), ma un aumento del 30.9% su base annuale. Per finire la carrellata delle fonti energetiche, diesel e gas non interrompono nemmeno questo mese la loro corsa (aumenti mensili e annuali rispettivamente del 1.3% e 33% per il diesel e del 9.1% e del 56.3% per il gas). Ma un altro dato ci incuriosisce e ci porta anche alle attuali tensioni internazionali: il prezzo dei veicoli a noleggio che è salito di quasi il 32% rispetto al mese prima e di oltre il 47% rispetto a un anno fa.
E allora cosa c’entra il prezzo delle automobili a noleggio con le tensioni a Taiwan tra Cina e Stati Uniti? C’entra, eccome. Ma facciamo un passo indietro. Pur non avendo il tempo di affrontare tutta la storia di questo territorio, facciamone una sintesi (se ci sono imprecisioni o errori, non esitate a contattarmi). Taiwan è una piccola isola di fronte alla Cina Continentale dove nel 1949 si rifugiò il governo nazionalista sconfitto nella guerra civile contro il partito comunista che vincendo fondò la Repubblica Popolare Cinese. La Repubblica di Cina (Taiwan e altre piccole isole) fu estromessa dall'Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) nel 1971, per volere della Cina che la considerava una sua provincia "ribelle". Da allora in maniera ufficiale tutti i Paesi hanno da sempre riconosciuto l'esistenza di un'unica Cina comprendente Taiwan, mentre ufficiosamente lo sviluppo di questa isola è stato molto indipendente, sia dal punto di vista politico che economico. In questo caso gli Stati Uniti hanno sostenuto finanziariamente e militarmente Taiwan seppur rispettando l'accordo con la Cina. Sono decenni che la tensione in questa regione del mondo è alta. La Cina ritiene Taiwan un suo territorio e non ha mai nascosto il desiderio di riconquistarlo anche con la forza. La comunità internazionale è riuscita finora ad evitare lo scontro. Tuttavia, la visita della Speaker della Camera (figura che conduce i lavori della camera dei rappresentanti del Congresso negli Stati Uniti) Nancy Pelosi è stata vissuta come una provocazione dai cinesi che in risposta hanno cominciato a fare esercitazioni militari molto vicine a quelli che potrebbero essere i passi per una vera e propria guerra di annessione. Ma perché Stati Uniti e Cina si contendono questa "piccola" isola di soli 23 milioni di abitanti? Oltre a ragioni strategiche militari, Taiwan è l'esempio di un'economia florida e in espansione continua. Il valore del suo Prodotto Interno Lordo (PIL) la colloca tra le 20 prime nazioni al mondo. Il suo sviluppo dipende principalmente dalle produzioni tecnologiche e informatiche: apparecchiature elettroniche, macchinari, strumenti di precisione, microchip.
Ma anche nei servizi assicurativi e bancari svetta ai primi posti delle classifiche mondiali. Per non parlare del resto della sua industria: da quella alimentare ai tessili, dalle attività estrattive al turismo, tutti i settori sono cresciuti. Non solo: Taiwan ha fatto delle zone industriali di esportazione (EPZ - zone particolari in cui si beneficia agevolazioni fiscali) un punto di forza. Ma quindi che legame hanno i prezzi delle automobili a noleggio con lo scontro per il controllo su Taiwan? Taiwan produce circa il 64% dei microchip del mercato mondiale. Due terzi dei nostri computer, automobili, armi, elettrodomestici e di quasi tutto quello che vi viene in mente che utilizzate come tecnologia, dipende da questa nazione.
Sappiamo che le materie prime e i problemi di approvvigionamento durante il lockdown hanno causato enormi ritardi nella produzione di veicoli, ragione per la quale, come nel migliore dei mondi economici, la legge della domanda (tanta) e dell'offerta (poca) fa lievitare i prezzi delle automobili, anche a noleggio. A prescindere dai microchip, speriamo che la situazione torni sotto controllo quanto prima; ci mancherebbe un altro conflitto che si unisce a quello in Ucraina e a quello recente riacceso a Gaza.
*Economista