di Brenno Martignoni Polti
Fra poco, faranno quarant’anni. Diverse inchieste. Faticano ancora a mettere a fuoco. A dare nome ai colpevoli. Di quanto inscenato. A Londra. Sotto il ponte dei Frati Neri. Sul Tamigi. Il 18 giugno 1982. Senza vita. Roberto Calvi. Presidente del Banco Ambrosiano. Tutt’uno con lo IOR. L’istituto per le opere di religione. Più semplicemente. Banca Vaticana. Figure chiave. Di altrettante connessioni. Michele Sindona, conosciuto nel 1968. In perfetto agio, nell’alta finanza. Nelle società con sede nei paradisi fiscali. Il “venerabile maestro" Licio Gelli, dal 1975. L’entrata nella Loggia massonica P2. Con l’appoggio dello IOR e della sua guida, l’arcivescovo Paul Casimir Marcinkus, detto “Chink”.
Calvi aveva così avuto terreno fertile su cui coltivare il Banco Ambrosiano. Con le acquisizioni. Credito Varesino. Assicurazioni Toro. Banca Cattolica del Veneto. Un articolato mosaico. Personaggi in rete, che, oggi, nella stragrande maggioranza, non possono più parlare. Tutti caduti. Evenienze d’affari. Lati oscuri di storia recente. Le tappe giudiziarie partirono dal verdetto di suicidio da parte delle autorità inglesi.
Già nel 1983, Scotland Yard dovette però riconoscere le fragilità dell’ipotesi del gesto estremo. Fino agli anni novanta, quando gli inquirenti fecero “tabula rasa”. Imboccando la pista, ormai accreditata, dell’uccisione del banchiere da parte della mafia. Il processo per omicidio volontario in base alle dichiarazioni del pentito Francesco Marino Mannoia. Svelano il ruolo di Cosa Nostra di Corleone.
Gli imputati. Coralmente assolti. In via definitiva. La Corte conclude che la morte di Calvi è dovuta all’intervento di terzi. Nel carteggio parallelo, la posizione di Licio Gelli è archiviata. Michele Sindona. Muore in carcere. Avvelenato da un caffè “zuccherato” al cianuro di potassio, il 20 marzo 1986. Spirerà due giorni dopo. Teresa Graziella Corrocher, segretaria personale di Calvi. Caduta letale dal quarto piano del Banco Ambrosiano di Milano, il 17 giugno 1982. La vigilia del ritrovamento londinese. La stessa era presente all’ultimo consiglio di amministrazione. Misure pesanti come macigni per Calvi. Revocatigli tutti i poteri.
L’Ambrosiano, rimesso alla Banca d’Italia. Sulla via della liquidazione. Il Banco si era già imbattuto in difficoltà. Cortocircuitate con 150 milioni di dollari da BNL e da ENI. Un’ulteriore deriva, nel 1980, superata grazie a cospicua iniezione dell'ENI. 50 milioni di dollari. Nel 1981, con la scoperta della Loggia P2, Roberto Calvi è solo. Cerca aiuti. Dalla Santa Sede. Poco meno di due mesi dopo, il 21 maggio, l’arresto. Processo e condanna. “Il Banco Ambrosiano non è mio, io sono soltanto il servitore di qualcuno”. La sua frase sibillina. Echeggiò in aula. Resta ad aleggiare su questo giallo senza firme. In fascicoli pendenti. Nel 2002, il film. “I banchieri di Dio”. Di Giuseppe Ferrara. “To be continued.” Viene giustamente da puntualizzare. Nei titoli di coda.