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Sanità
26.04.17 - 15:220
Aggiornamento: 19.06.18 - 15:43

Quel male di vivere che costringe a chiamare il 143, al buio e sottovoce. Non sarebbe ora di poter parlare dei propri problemi, anche psichici, senza vergogna?

Il preoccupante rapporto 2016 di Telefono Amico impone qualche riflessione: sempre più giovani hanno problemi psichici, aumentano i pensieri di suicidio. Le cause? In cima c'è l'indifferenza

BELLINZONA – Sono le persone della fascia compresa fra i 41 e i 65 anni coloro che si rivolgono in maggior percentuale a Telefono Amico, ma avanzano i giovanissimi, compresi fra i 19 e i 40 anni, la categoria che usa massicciamente il servizio chat.

Il rapporto annuale dell’associazione, che conta 40 volontari, attiva 7 giorni su 7, 24 ore su 24, per ascoltare chi ha bisogno di uno sfogo o di un consiglio, mostra alcune tendenze che non possono che far riflettere. Per prima cosa, il fatto che i volontari non sembrano sufficienti, e se ne cercano di nuovi: sintomo che il bisogno cresce.

Nel 2016, le chiamate sono state 16'224, il 57% di donne. Ma per che cosa ci si rivolge a Telefono Amico? I motivi sono vari, il primo è rappresentato da problemi psichici, poi vengono le problematiche vissute quotidianamente, dalle relazioni personali ai rapporti di coppia, alla solitudine che gioca un peso importante, sino a temi familiari e disturbi fisici, addirittura legati alla sessualità. E in chat, che ricordiamo è usata soprattutto dai giovani, si parla di relazioni di coppia, di solitudine, ancora una volta, di rapporti coi parenti.

Già, i giovani. Nel rapporto si legge come la depressione di adolescenti e giovanissimi sta aumentando: un fenomeno pressoché sconosciuto fino a trent’anni fa, oggi “una insidiosa compagna dell’uomo occidentale”. E con essa, aumentano i problemi psichici, che colpiscono ogni fascia di età. I motivi? Esperti di vario genere cercano risposte, ma la più plausibile, riportata dal documento, è che “le cause sono molteplici come le normali difficoltà del vivere, i sentimenti, i vissuti familiari, il mondo del lavoro, le relazioni personali e tante altre ragioni”.

Telefono Amico fornisce un primo contatto, e si sottolinea l’importanza della parola, per esempio, nella prevenzione ai suicidi, un altro argomento affrontato, e che deve preoccupare. “Quest’anno le FFS hanno lanciato una campagna nazionale di prevenzione del suicidio il cui motto è “Parlare può salvare”, l’obiettivo della campagna, della durata di 3 anni, è stimolare il dialogo quando vi sono pensieri suicidi in quanto il dialogo può essere fonte di sollievo. Queste due iniziative partono dalla considerazione che in Svizzera muoiono più persone per suicidio che per incidenti stradali e che ogni anno, in media, 112 persone decidono di togliersi la vita sui binari”, si legge nel rapporto, che continua chiedendosi “perché in un Paese dove le condizioni di vita possono essere considerate molto buone il numero dei suicidi, soprattutto tra i giovani, è tra i più alti dei paesi industrializzati? Ci sono molte possibili risposte a questa domanda, una di queste può prendere in considerazione la qualità delle relazioni che viviamo tutti i giorni. Siamo esseri sociali e cerchiamo nel rapporto con gli altri stima e affetto, per confermare la nostra autostima e il nostro diritto di essere amati. Critiche continue, derisione o, peggio ancora, indifferenza procurano al nostro animo delle ferite molto profonde che possono essere alla base di pensieri suicidi ma, a volte, può bastare un riconoscimento positivo o un gesto affettuoso per allontanare questi pensieri”.

Parole molto realistiche, cariche d’umanità e contemporaneamente dure, che non possono non far riflettere. La vita è diventata più difficile davvero? Le relazioni umane sono cambiate, è vero. Molti accusano i social, ma spesso probabilmente si dimentica che tradimenti e persone con cattive intenzioni sono sempre esistiti. Magari facevano più fatica a trovare “prede”, oppure si nascondevano meglio. I problemi ci sono, all’interno delle coppie, con sempre più storie che finiscono in un nulla, con ferite che possono rendere difficile fidarsi. Proprio in quei momenti,si avrebbe bisogno della classica spalla su cui piangere, del consiglio magari strampalato, dell’amica che riesce a far ridere nonostante la situazione. Dove sono, ora, queste persone, pronte a ascoltare giorno e notte? Se sempre più gente si rivolge a Telefono Amico, a un confidente silenzioso che nulla sa di chi telefona, vuol dire che non sa che altro numero comporre. Le amicizie, allora, i rapporti familiari, sono divenuti solo selfie e cuoricini su Facebook? Dov’è la parte più complicata, quella di cercare di dare una mano nei momenti difficili?

Colpisce pensare che chi ha problemi psichici telefoni al 143. Come se dovesse farlo di nascosto, come se fosse una vergogna e non qualcosa che merita di essere accolto. Come può una persona continuare a stimarsi e a volersi bene abbastanza per guarire dai mali dell’anima se deve nasconderli? Magari sorridere di fronte alla gente, e piangere al buio con i volontari dall’altra parte della cornetta? Nel 2017, forse, sarebbe ora che queste problematiche non fossero più un tabù, che se ne possa parlare apertamente, dato che colpiscono sempre più giovani. I quali non sanno confidarsi, magari in famiglia non hanno un rapporto che permetta di aprirsi, dagli amici, se ci sono, si nascondono, e allora cercano aiuto come possono. È giusto? Il mondo in che direzione sta andando? Se una parola, ed è plausibile che l’affetto sia sovente la medicina migliore, può fermare qualcuno dal suicidio, perché trovare questa parola è così complicato?

Ben vengano, ovviamente, i volontari, che fanno un lavoro splendido. Più persone vi si rivolgono, però, più c’è solitudine, la disperazione di non sapere con chi parlare. È questo il paradosso, la questione triste. Se la depressione colpisce da giovani, come si fa a essere certi che la cortina di nebbia se ne andrà, prima o poi? La società, in fondo, dovrebbe tornare a essere più umana, a fermarsi ad ascoltare e riflettere: nessuno dovrebbe più nascondersi, fingersi forte, se ha un problema psichico o una relazione che sta saltando. Soprattutto nel primo caso. Il minimo che la società deve loro è non costringerli a vergognarsi di qualcosa che di vergognoso non ha nulla. Anche perché spesso all’origine, è ben spiegato, vi sono solitudine e indifferenza, in un circolo vizioso. Romperlo dall’inizio non sarebbe la soluzione migliore?


Paola Bernasconi
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