di Francesca Amaddeo *
Le comunicazioni sul telelavoro del 22 dicembre 2022 si sono susseguite come continui colpi di scena di un thriller ben riuscito. È arrivata, infatti, la tanto attesa (auspicata o temuta) comunicazione da parte di Svizzera ed Italia sulla disdetta dell’accordo amichevole del 18 giugno 2020. Non vi è più ragione d’essere: le norme previste per l’emergenza derivante dal Covid-19 non sono più in vigore. L’accordo è destinato ad essere valido sino al 31 gennaio 2023, dal 1 febbraio il principio rebus sic stantibus verrà a cadere.
Cosa succederà dopo? Ad oggi non è dato sapere quali siano le intenzioni dei due Paesi. Certo, in assenza di un apposito accordo, troverebbero applicazione le regole ordinarie. L’Accordo del 1974 non presenta disposizioni atte a disciplinare il fenomeno, in assenza di diversa indicazione, le regole ordinarie sulla ripartizione della potestà impositiva delineate dalla Convenzione contro la doppia imposizione italo-svizzera troverebbero applicazione.
Infatti, come si ricorderà, in assenza del criterio del rientro giornaliero, il frontaliere non può più essere ritenuto tale. Nell’eventualità, il reddito da lavoro dipendente dovrà essere ripartito tra Svizzera ed Italia con una serie di problematiche fiscali e burocratiche non indifferenti. Contrariamente ad altri accordi, quello del 1974 non menziona nemmeno alcuna soglia di “esenzione”, ossia un periodo nel quale è consentito al frontaliere di derogare al criterio del rientro giornaliero. Una simile soglia, tuttavia, è stata introdotta nel Nuovo Accordo. Il tenore letterale della disposizione, contenuta nel protocollo aggiuntivo non consente di applicare la soglia, segnatamente prevista in 45 giorni, a chi volesse svolgere la propria attività da remoto. La norma consente, infatti, una deroga al rientro giornaliero solo ed esclusivamente per concedere la permanenza del lavoratore nello Stato della fonte, dove ordinariamente si svolge fisicamente l’attività lavorativa e non, diversamente, nello Stato di residenza.
L’ideale sarebbe la definizione di un apposito accordo atto a disciplinare il fenomeno del telelavoro in maniera precisa ed ordinata, al fine di evitare disagi per lavoratori, datori di lavoro, ma anche per le autorità competenti. Un eventuale ripartizione della potestà impositiva, sulla base dei giorni trascorsi in telelavoro, piuttosto che presso le sedi del datore di lavoro, comporterebbe un aggravio non indifferente per tutti.
In questi termini si è mossa la disciplina del telelavoro svizzero-francese. Sempre nella giornata del 22 dicembre, infatti, è stata annunciata la firma di un apposito accordo che disciplina il telelavoro, consentendone lo svolgimento, senza comportare il decadimento dallo status di frontaliere. È consentito, infatti, al lavoratore che rientra nella definizione di frontaliere fiscale, così come chiarito dall’accordo stesso, di svolgere “telelavoro dallo Stato di residenza”, da intendersi come qualsiasi forma di organizzazione del lavoro in cui l’attività, che avrebbe potuto essere svolta anche nei locali del datore di lavoro, viene di fatto eseguito da un dipendente nel suo Stato di residenza, a distanza e lontano dagli ordinari uffici o sedi del datore di lavoro, per conto di quest’ultimo, conformemente agli accordi contrattuali vigenti, utilizzando le tecnologie a disposizione, per un massimo del 40% annuo.
Per quanto concerne i frontalieri, si specifica che tale soglia non inficia il versamento dei ristorni così come attualmente previsto tra Francia e i Cantoni Berna, Soletta, Basilea Città, Basilea Campagna, Vaud, Vallese, Neuchâtel e Giura. Si badi bene, è stato annunciato anche un altro accordo in tema di telelavoro, siglato tra Francia e Svizzera. Questo non riguarda solo i frontalieri, ma tutti i lavoratori dipendenti che rientrano nelle previsioni convenzionali come tali (art. 17 cpv. 1 convenzione contro le doppie imposizioni svizzero-francese). Si tratta di due importanti documenti che segnano i primi passi verso la disciplina di questo nuovo approccio all’attività lavorativa, oltre che la consapevolezza della possibilità di utilizzare il telelavoro non solo per i frontalieri, ma anche per altri lavoratori dipendenti.
Sarà interessante vedere, invece, cosa succederà con l’Italia. Gli accordi sui frontalieri siglati dalla Svizzera con Francia, Austria, Liechtenstein, rispettivamente Germania, sono per loro natura differenti da quello del 1974 che disciplina i rapporti con l’Italia. È possibile affermare che questo si presenta come un unicum, per la vaghezza delle definizioni, per il rapporto tra Cantone Ticino, Vallese e Grigioni e comuni di frontiera italiani, per l’entità e la percezione del fenomeno. L’introduzione di una soglia, come verificatosi per la Francia, potrebbe sicuramente costituire uno step nella giusta direzione. Nel caso, il 40% si pone in linea con l’interpretazione flessibile delle norme in tema di sicurezza sociale data dall’Unione Europea, discostandosi dal precedente limite del 25%. Oltretutto, tale soglia sembra anche tenere in considerazione i vantaggi in termini di efficienza, da un lato, e dalla conciliazione di vita-lavoro, dall’altro. Non è, tuttavia, possibile tralasciare la condizione relativa ai ristorni. Qualora, infatti, si seguisse il modello francese, occorrerebbe valutare se, anche nel caso italiano, tali norme non “inficerebbero” il versamento annuale operato dai Cantoni Ticino, Vallese e Grigioni ai comuni di frontiera.
Ma questo non è tutto. È bene, inoltre, ricordare che il neo-insediato Governo italiano, contrariamente alle aspettative, sembra aver ingranato la quarta ed essersi attivato, in vista della visita del Presidente Mattarella in Svizzera avvenuta a fine novembre, in tema di Accordo sui frontalieri. Il nuovo accordo, infatti, siglato nel Dicembre 2020 sembrava dover entrare in vigore a far data dal 1° Gennaio 2023, invece, è rimasto fermo nel suo iter parlamentare nella Penisola. La ratifica è adesso attesa per la prossima primavera, con uno slittamento della sua entrata in vigore all’inizio del 2024. Ancora, altra questione aperta rimane la disciplina “generale” del telelavoro nei rapporti italo-svizzeri, oltre ai frontalieri. Si avrà un accordo ad hoc oppure si applicheranno le norme convenzionali con tutte le complessità che ne conseguono? L’incertezza è il rifugio della speranza: chissà che il nuovo anno porti consiglio (e soluzioni)!
* avv. dr. Docente-ricercatrice Centro competenze tributarie SUPSI