di Brenno Martignoni Polti
Lunedì 6 agosto 1962. La notizia fa il giro del mondo. Marilyn Monroe non è più. Tra sabato 4 e domenica 5 agosto 1962. A Los Angeles. Nella sua villa di Brentwood. Forse, overdose di farmaci. Probabile suicidio. La versione ufficiale. Nessun “fumus commissi delicti”. Tesi semplicistica. Sbrigativa. Che riduce il decesso a instabilità proprie. Invero, l’attrice era pressochè costantemente seguita da specialisti. Tra cui Anna Freud. Figlia di Sigmund. Marianne Rie Kris. Ralph Greenson. Fra i pazienti di quest’ultimo, anche Tony Curtis, Frank Sinatra, Vivien Leigh. Stando alle ricostruzioni, fu proprio lui il primo a trovare la diva. Durante le indagini emersero, per le sue dichiarazioni, molti lati oscuri. Le profonde crisi di Marilyn. Derive incontrollate. Aveva ricominciato a frequentare Frank Sinatra. Cerchie da sottobosco. Senza inibizioni, il 19 maggio 1962, davanti a 15’000 persone, un sinuoso “Happy Birthday” per il 35º presidente degli Stati Uniti d'America al Madison Square Garden. Troppe cose non tornano. Contraddizioni tra i racconti dei testimoni e i resoconti agli atti. Già a partire dall’ora del decesso. Luogo. Modalità. Un viavai di persone. Non protocollato. Il medico che pratica un’iniezione. Ambulanze che vanno e vengono. A distanze disarticolate. Tanti e tali elementi discordanti da non permettere di escludere qualsiasi tesi. Una vicenda dalle più diversificate connotazioni. In un ampio contesto. Fatto di implicazioni artistiche, sociologiche, poliziesche. Finanche politiche. Quella morte rimane uno dei misteri più fitti della storia. La chiave potrebbe anche stare tutta lì. In quel Rolex d’oro. Con la frase incisa. “Jack, with love as always from Marilyn, May 29th 1962”. Jack, con amore come sempre da Marilyn, 29 maggio 1962. Sessant’anni fa. In dedica a John Fitzgerald Kennedy. Andato all’asta il 18 ottobre 2005 per 120’000 dollari. L’attrice era fatta così. Imprevedibile quanto spontanea. Sul lavoro. Giustamente fiera. “Non accettate le briciole. Ci hanno fatto donne, non formiche.” Nelle sue complicate relazioni. Intrighi. Ritorsioni. Affari di mafia. Nulla escluso. L'attore Gianni Russo, alias Carlo Rizzi. Il genero di Vito Corleone. Nel film “Il Padrino” di Francis Ford Coppola. Per i 50 anni del romanzo di Mario Puzo, nel 2019, ha firmato un’autobiografia. “Hollywood Godfather”. Vi si legge il ruolo di Cosa Nostra nel ricatto, coinvolgente Marilyn e i due fratelli Kennedy. Per il controllo dei casinò della Cuba di Fidel Castro. Secondo questa versione, il piano fallì e Marilyn Monroe avrebbe minacciato di rivelarlo ai media. Ciò, che ne avrebbe decretato la fine. “Un sicario conosciuto negli ambienti della malavita come “il dottore” - scrive Russo - avrebbe iniettato aria nelle vene dell'attrice che sarebbe morta per embolia”. Così, a decidere l'uccisione di Marilyn, un complotto. Il fatto che l’ultimo amante fosse Robert Kennedy. Fratello del presidente. Non permette di svuotare neppure tale pista. Vero è che questa nostra icona senza tempo meriterebbe ora definitiva collocazione. “Sono egoista, impaziente e un po’ insicura. Commetto errori, sono fuori controllo e, allo stesso tempo, difficile da gestire. Ma se non sei in grado di gestire il mio lato peggiore, allora certamente non sarai in grado di gestire quello migliore.” Norma Jeane Baker, in arte Marilyn Monroe.