VIGANELLO – Non voleva prender parte alla fiaccolata organizzata dagli amici del figlio, perché quando il dolore è più forte di tutto, ha ammesso, non si ha voglia di far nulla. Ma poi, fedele a quando aveva deciso di raccontare la storia del figlio per sensibilizzare, il padre del 35enne ucciso a Viganello ha detto sì.
E attraverso La Regione ha lanciato un altro appello. Probabilmente è la domanda che lo perseguita: cosa poteva fare, di più? Cosa possono fare dei genitori in situazioni simili? ”Ci sono tanti casi come il mio. Si tende sempre a mascherare, però purtroppo è una realtà della nostra società. Potrebbe servire a sensibilizzare i genitori che hanno lo stesso problema, che magari si sentono impotenti perché non riescono ad aiutare i propri figli”, dice convinto.
“Certo, sta anche a loro fare un passo avanti per farsi curare, perché dall'alcol da soli non si esce. Non possiamo però emarginare queste persone, ma dobbiamo cercare di migliorare queste situazioni problematiche legate alle dipendenze. E parlarne apertamente. Anche il genitore troppo spesso aspetta troppo tempo per chiedere aiuto. Non è facile parlare. Però per il bene stesso del figlio non bisogna avere paura di chiedere aiuto. Raccontare la mia storia potrebbe magari far capire ai genitori di stare sempre vicini ai figli problematici”, ribadisce. Non lasciarli soli, insomma, perché da soli, senza aiuto, non possono farcela: suo figlio non lo volle, quell’aiuto.
Alla politica chiede strutture adeguate, non come la pensione La Santa. Ritiene infatti che se ci fosse stata sorveglianza, il dramma non sarebbe accaduto, forse suo figlio non sarebbe stato ucciso in una stanza e poi trascinato nella sua, con l’amico dell’uccisore a pulire il sangue. Alla gente, invece, domanda di parlare di situazioni come quella vissuta da suo figlio.