Di Amalia Mirante *
La nostra informazione domenicale comincia con un uno sguardo dell'Economia con Amalia alla situazione in Gran Bretagna. Due avvenimenti importantissimi si sono susseguiti in questa settimana a distanza di pochi giorni: la nomina della nuova prima ministra e la morte della regina Elisabetta II. Elizabeth Truss è stata designata prima ministra in sostituzione di Boris Johnson. La situazione economica che si trova a dover affrontare la nuova premier è tutt'altro che rosea. Difficile però attribuire, come vorrebbero fare alcuni, tutta la colpa alla Brexit, l'uscita dall'Unione Europea che scelsero i cittadini britannici nel 2016. Se è vero che l'aumento della burocrazia e gli ostacoli per l'accesso al mercato comune hanno causato un rallentamento del commercio, più difficile non vedere nella pandemia prima e nell'inflazione adesso, le vere cause delle difficoltà di questa nazione.
I dati parlano di un paese che sta attraversando una crisi economica che potrebbe peggiorare: se non è tanto grave che il Prodotto Interno Lordo (PIL) nel secondo trimestre abbia mostrato un calo dello 0.1%, è più rilevante la notizia di qualche giorno fa che l'India ha superato in termini economici proprio la Gran Bretagna diventando la quinta economia mondiale (per inciso la banca centrale indiana, la State Bank of India - Sbi, ha previsto che il paese supererà la Germania nel 2027 e il Giappone nel 2029, diventando di fatto la terza potenza mondiale. Attenzione sempre però a ricordare che in termini di benessere individuale le condizioni di vita degli 1.4 miliardi di indiani sono ben lontane da quelle delle altre nazioni citate). Ma in Gran Bretagna a fare ancora più paura è l'inflazione che continua a crescere: oggi è già al 10.1%, ma le previsioni non escludono aumenti fino al 13-15%, con conseguenze drammatiche sulla popolazione. Non per niente la premier Truss ha già annunciato un pacchetto di aiuti di oltre 100 miliardi di sterline (circa 111 miliardi di franchi), che dovrebbe neutralizzare 4-5 punti percentuali di inflazione per i cittadini britannici. Cittadini britannici che ora dovranno anche superare la morte della regina Elisabetta II, dopo un regno durato 70 anni.
Ma la Gran Bretagna non è la sola a correre ai ripari contro l'impoverimento dei cittadini e le difficoltà delle aziende causate dagli aumenti del prezzo del gas, del petrolio e dell'elettricità. Se l'Italia oramai ci ha abituati da due anni a questa parte quasi quotidianamente a inventare e prorogare aiuti e sussidi (in passato noi siamo stati abbastanza critici sull'efficacia di questi contributi e sull'effettiva capacità di gestire le conseguenze a cui porteranno), solo questa settimana la Germania ha annunciato un piano di intervento di 65 miliardi di euro (63 miliardi di franchi) per rispondere alla crisi energetica. Il governo tedesco prevede di versare un bonus energetico di 300 euro a favore dei pensionati, uno di 200 euro agli studenti, di pagare le spese di riscaldamento alle persone che ricevono già sussidi per l'alloggio e di finanziare maggiormente il trasporto pubblico. In aggiunta, anche la Germania si dice favorevole all'introduzione di un prelievo straordinario sugli extra-profitti miliardari realizzati dalle società energetiche; quello che fa sorridere, anche se è un sorriso amaro, è che molte di queste sono in realtà società con partecipazioni pubbliche se non addirittura interamente dello Stato.
Anche la Francia e la Spagna non stanno con le mani in mano e prevedono aiuti per compensare almeno in parte l'aumento energetico. Tutti si muovono; e la Svizzera? Diciamo che le risposte ottenute dalle nostre autorità hanno lasciato l'amaro in bocca. I cittadini e le aziende si aspettavano molto di più di una brochure di consigli su come risparmiare energia a casa; per questo abbiamo già le associazioni dei consumatori e quelle ambientaliste che fanno un ottimo lavoro da anni con grandissima professionalità. Ogni giorno leggiamo di bollette che aumenteranno tra il 20 e il 50%. E non solo bisognerà sostenere le persone, ma sarà necessario aiutare anche le aziende. Non dimentichiamo che se si ferma la produzione, non solo non potremo consumare, ma ci ritroveremo senza lavoro. Insomma, i rischi di questa partita sono molto alti, speriamo che oltre ai buoni consigli il Governo abbia già pensato a misure serie di sostegno per le famiglie e per le imprese.
Misure a cui dovranno pensare anche altri Stati e non solo per il problema energetico. La Banca Centrale Europea (BCE) questa settimana ha deciso di aumentare il tasso di interesse di riferimento di 0.75 punti percentuali portandolo all'1.25%. D'altronde non aveva grandi margini di manovra: l'inflazione nell'Eurozona in agosto ha raggiunto il 9.1%, quando il compito della BCE è quello di tenere l'aumento dei prezzi contenuto entro il 2%. E proprio questo obiettivo e la situazione odierna mostra chiaramente come la politica monetaria fatta dalla banca centrale debba essere indipendente dalla politica fiscale fatta dal governo. La prima ha tra gli altri l'obiettivo di mantenere i prezzi stabili, il governo invece deve preoccuparsi tra le altre cose di aiutare l'economia verso un sentiero di crescita positiva soprattutto garantendo occupazione e benessere. In questo momento, sappiamo che la scelta della BCE potrà causare un rallentamento nella domanda di beni e servizi (pensate per esempio agli aumenti dei tassi di interesse sulle ipoteche e quindi all'effetto scoraggiante sull'acquisto di nuove case), ma un'inflazione lasciata correre senza controllo avrebbe effetti ancora più gravi.
È notizia di questi giorni che l'inflazione in Argentina potrebbe arrivare a quasi il 100% entro la fine dell'anno. Questo significherebbe che i prezzi in Argentina raddoppierebbero in un anno. Il mese scorso la variazione era stata di oltre il 70% su base annua. Certo la storia dell'Argentina è purtroppo uno dei casi da manuale: l'ultimo fallimento del Paese, il nono, risale ad appena due anni fa. E da allora le cose non sono di certo migliorate. Come da tutti previsto, la strategia messa in atto di finanziare l'enorme debito pubblico stampando moneta ha riacceso la spirale inflazionistica. Ora non è il caso italiano evidentemente, tuttavia il Paese dovrà essere molto più cauto nelle sue decisioni di spesa pubblica: oltre agli aumenti dei tassi di interesse che graveranno come costi sul suo debito, l'Italia dovrà fare i conti anche con una possibile stretta da parte della BCE nell'acquisto di titoli di Stato. Insomma, al nuovo governo che si insedierà tra qualche settimana, non mancheranno le insidie.
* economista